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Il ricordo dello scrittore siciliano.

  • Cento anni fa nasceva a Racalmuto una delle più grandi figure del Novecento italiano ed europeo.
  • Sciascia ha raccontato la Sicilia, ma anche l’Italia intera, in modo lucido e profondo.
  • Per comprendere la sua opera, è importante partire da dove tutto ha avuto inizio.

«Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia… E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già, oltre Roma…». Questa citazione, tratta da “Il giorno della civetta”, è solo una delle tante celebri frasi che Leonardo Sciascia ha scritto per descrivere non soltanto la sua Isola, ma un intero Paese. Lo scrittore nacque nel 1921 a Racalmuto, in provincia di Agrigento, e oggi, 8 gennaio 2021, si celebra il centenario della sua nascita. Fu giornalista, saggista, drammaturgo, poeta, politico, critico d’arte e insegnante. Viene ricordato come uno spirito libero e anticonformista, lucidissimo e impietoso critico del nostro tempo, riconosciuto universalmente come una delle grandi figure del Novecento italiano ed europeo.

Vi proponiamo un servizio realizzato dal Tg3, che è andato nei luoghi di Sciascia, per raccontare ciò che resta della sua eredità umana e letteraria. La giornalista Luciana Parisi ha intervistato alcuni dei suoi allievi. Parlava a voce bassa, racconta, rideva poco, ma ascoltava e osservava i suoi alunni, figli di contadini e zolfatari. Rimane, ancora oggi, il “maestro di Racalmuto“. Iniziò a insegnare nel 1949, quando aveva 28 anni. Uno dei suoi vecchi allievi racconta che era in grado di capire chi non aveva fatto colazione, semplicemente con uno sguardo. A quei bambini faceva preparare una tazza di latte, nella cucina scolastica.

Insegnando, Leonardo Sciascia comprese il senso dell’ingiustizia, che non lo abbandonò neanche quando lasciò la scuola per dedicarsi alla letteratura. Le sue analisi, le sue indagini sul potere, partite dalla Sicilia, si allargarono a tutta l’Italia. Per comprendere questo grande scrittore siciliano, bisogna partire dai suoi luoghi, dalla sua casa d’infanzia, dal circolo e dalla fondazione a lui dedicata. “Perché è stato un grande scrittore?”, chiede la giornalista nel servizio del Tg3. La risposta arriva dal nipote di Sciascia, Fabrizio Catalano: “Perché è stato libero. Diceva che il più grande peccato della Sicilia e del mondo intero è non credere nelle idee. Lui ci ha creduto sempre e ha voluto che gli altri ci credessero attraverso i suoi libri”.

 

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