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Prima dell’arrivo dell’Homo sapiens in Sicilia, circa 16 mila anni fa, l’isola era abitata da una specie di iena del genere Crocuta, rendendola l’unica isola documentata ad ospitare queste creature durante il Pleistocene. Oggi, le iene macchiate sono diffuse in gran parte dell’Africa sub-sahariana, ma durante il Pleistocene, tra 800 e 16 mila anni fa, si trovavano anche in Europa e Asia. L’isolamento geografico delle iene siciliane ha permesso a questa popolazione di conservare caratteristiche genetiche uniche, offrendo agli scienziati una rara opportunità di studio.

Scoperte rivoluzionarie grazie all’analisi del DNA antico

Un recente studio condotto da un team internazionale di ricercatori, tra cui studiosi delle Università di Palermo, Statale di Milano, Firenze, Roma Sapienza, Bangor University e Cambridge, ha analizzato per la prima volta il DNA di una iena fossile siciliana. Questo materiale genetico è stato estratto con successo da un frammento di coprolite (escremento fossilizzato) di oltre 20 mila anni, rinvenuto nel sito della Grotta San Teodoro (Messina). I risultati hanno rivelato che le iene siciliane possedevano caratteristiche genetiche molto particolari, distinte da quelle delle attuali iene africane e delle altre iene fossili conosciute.

Un gruppo genetico unico e antico

Secondo Giulio Catalano, paleogenetista dell’Università di Palermo e primo autore dello studio, le iene siciliane appartenevano a un gruppo genetico molto antico, diverso da quello delle moderne iene africane. “Le analisi ci suggeriscono che queste iene siano rimaste isolate geneticamente in Sicilia, conservando caratteristiche che nel resto d’Europa si sono perse nel tempo,” afferma Catalano. Questo isolamento ha permesso alla popolazione siciliana di mantenere una combinazione genetica unica, sopravvivendo sull’isola fino a circa 20 mila anni fa.

Il contenuto del pasto di una iena di 20 mila anni fa

Un’altra scoperta significativa è stata fatta durante l’analisi del DNA presente nel coprolite: tracce di DNA equino rivelano che il pasto di questa iena di 20 mila anni fa era costituito da Equus hydruntinus, l’unico equide vissuto in passato in Sicilia. Questo ritrovamento offre nuove prospettive di ricerca e sottolinea l’importanza del patrimonio geo-paleontologico siciliano.

Grotta San Teodoro: un sito di rilevanza europea

La Grotta San Teodoro si conferma come uno dei siti più importanti in Europa per lo studio del Pleistocene, secondo Luca Sineo, docente dell’Università di Palermo e responsabile del progetto. Grazie alla collaborazione con il Parco Archeologico di Tindari, la Proloco di Acquedolci e la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Messina, questa ricerca ha coinvolto studiosi internazionali e ha portato alla luce scoperte che arricchiscono la nostra comprensione dell’antico ecosistema siciliano.

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