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Le coste della Calabria e della Sicilia continuano ad allontanarsi: è quanto evidenzia un nuovo studio del Cnr, che riaccende i riflettori sulla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. In particolare, la ricerca evidenzia un’attività “eruttiva e tettonica recente”. Sono stati, infatti, individuati nel mar Ionio meridionale dei rilievi sottomarini allineati lungo profonde spaccature del fondale, dove un sistema di faglie sta lentamente allontanando la Calabria dalla Sicilia.

L’area presa in esame dai ricercatori italiani è quella al largo dell’Etna verso Sud, nelle “zone limitrofe” ai luoghi verrà realizzato il Ponte, menzionate nelle raccomandazioni del comitato scientifico. Il comitato, nominato dalla società Stretto di Messina Spa, ha approvato nello scorso mese di marzo il progetto dell’opera, chiedendo approfondimenti, tra cui lo studio geologico dei “fondali dello Stretto e limitrofi”.

I rilievi identificati nel mar Ionio sono di due tipi: diapiri, ovvero sedimenti che risalgono da zone profonde, visibili solo con ecografie del sottosuolo, e vulcani di fango, che si formano quando materiale profondo risale verso la superficie insieme a fluidi e gas.

Cosa hanno scoperto i ricercatori?

Nel fondale a Sud dell’area l’attività – osservata durante una campagna oceanografica, chiamata “Sirene”, condotta a bordo della nave “Gaia Blu” – rivela il movimento distensivo, cioè l’allontanamento delle due coste: “Considerata la spinta dall’Africa, in questa zona ci si aspetterebbero faglie compressive, invece abbiamo osservato attività lungo faglie distensive, ovvero un movimento di allontanamento tra i blocchi crostali”, spiega a ilfattoquotidiano.it Alina Polonia, ricercatrice dell’Istituto di Scienze marine del Cnr (Cnr-Ismar).

Gli studiosi hanno analizzato il fondale che fiancheggia l’Etna fino a Sud, per incrementare le conoscenze sui processi geologici. È emerso che ci sono più faglie di quanto già noto e che c’è una maggiore attività vulcanica recente. La zona limitrofa a Sud è stata osservata dal Cnr e quel che è emerso potrebbe rivestire una fondamentale importanza in vista della costruzione della Grande Opera: “Utilizzando tecnologie geofisiche all’avanguardia disponibili sulla nave è stato, infatti, identificato un campo di rilievi sottomarini allineati lungo profonde spaccature del fondale dello Ionio meridionale, dove un sistema di faglie sta progressivamente allontanando la Calabria dalla Sicilia, facendo sprofondare lentamente la crosta terrestre al largo dello Stretto”.

Sul sistema di faglie attive, inoltre, emergono eruzioni vulcanologiche di fango, materiale dal quale sono stati ricavati campioni che potrebbero rivelare informazioni sull’oceano più antico della Terra: “Se fosse così – aggiunge Polonia – potremmo ricostruire la natura della Tetide, l’oceano più antico della Terra”. La zona è “praticamente unica al mondo”, dice anche la ricercatrice del Cnr ed è molto complessa per faglie ed eruzioni.

Quali conseguenze per il Ponte sullo Stretto?

In seguito alla diffusione della notizia relativa al nuovo studio del Cnr, è arrivata la replica della società Stretto di Messina: “L’individuazione delle formazioni geologiche citate non è rilevante ai fini della fattibilità del Ponte sullo Stretto di Messina. È noto, infatti, che le coste siciliana e calabrese sono soggette ad un seppur minimo allontanamento ampiamente considerato nel progetto definitivo del 2011 e nel suo aggiornamento del 2024”.

“Tra i vari aspetti di aggiornamento, grazie agli studi effettuati dal dipartimento di Scienze della Terra dell’Università La Sapienza di Roma e dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), con dati provenienti dai Gnss (Global Navigation Satellite Systems) prodotti dalla rete Ring-Ingv (Rete Integrata Nazionale Gps – rete per il monitoraggio in continuo delle deformazioni del suolo), si confermano le previsioni del progetto definitivo evidenziando – viene precisato – che il movimento differenziale tra i due siti scelti per i piloni (Calabria-Sicilia) è inferiore a 1 mm/anno“. Foto: ESA.