LAMPEDUSA. Sono forse 150 e sono gli stessi che, nei giorni scorsi, si sono battuti contro le regole imposte dall'Ue in fatto di impronte digitali. Sono eritrei e sono giunti in Sicilia per scappare da un mondo che non gli appartiene più.
Sono arrivati sin qui, ma non vogliono rubarci niente. Vogliono solo andare via dalla nostra isola per trovare un posto dove ricominciare da capo. Partire da zero, magari raggiungendo un parente che, prima di loro, ha trovato fortuna altrove.
Hanno fatto tanto e non vogliono, proprio adesso, piegarsi alle logiche di ricollocamento dell'Ue che temono possano penalizzarli.
Ma intanto c'è l'inverno, fa freddo e qualcosa la devono pur fare a Lampedusa. Così da qualche settimana, gli eritrei, hanno iniziato a dare lezioni a tutti gli isolani che vogliono imparare il tigrino (lo loro lingua). In cambio i lampedusani ricambiano insegnando loro le basi dell'Italiano.
La scuola è all'aperto, davanti alla chiesa madre.
Un esempio di coesione e coesistenza a Lampedusa che vien da dire: dove la politica e l'economia divide, l'amore per la condivisione unisce.