Si chiama “a’ pisata” ed è una delle antiche tradizione contadine della Sicilia di una volta.
Con l’arrivo della bella stagione, quando il grano brilla nelle nostre campagne, giunge il tempo della mietitura.
Per ottenere i chicchi dorati, prezioso risultato del lavoro dell’uomo, si deve rispettare una procedura precisa, stabilita con cura dall’esperienza dei contadini. La prima cosa da stabilire è la zona dove fare “a pisata”. Serve uno spazio piano, ben ventilato, dove poggiare i covoni (gregna, in siciliano). A questo punto iniziava la pisata vera e propria. Che, nonostante quel che sembra indicare il termine, non è assolutamente il calcolo della quantità del grano, ma la tecnica utilizzata per separare i chicchi di grano dal loro stelo.
Si tratta di far triturare il grano dagli zoccoli degli animali adibiti allo scopo, quasi sempre delle mule, l’incrocio tra asino e giumenta. Il calpestio dei loro zoccoli serviva proprio a far tirare fuori i chicchi dalla spiga. Le mule corrono in cerchio, calpestando i covoni che vengono spostati a poco a poco, per fare a modo che tutto il raccolto venga triturato.
A questo punto, ai contadini toccava affidarsi al vento, per ottenere finalmente i tanto agognati chicchi di grano. Armati di tridente, un bastone a tre punte di legno, il soffiare del vento consentiva ai contadini di separare il grano dalla paglia. Sollevando i covoni triturati col tridente, la paglia mossa dal vento si adagiava ai bordi mentre il grano cascava per terra.
La pisata può andare avanti per giorni, fino a quando non siano stati triturati tutti i covoni raccolti dai contadini. Per i bambini erano giornate di festa. Un tuffo nei covoni non era mai proibito.