Tradizionalmente, a Santa Lucia, la regina della tavola è l’arancina, nei gusti classici o nelle tante versioni moderne, ma accanto a questa star dello street food c’è una parente povera che merita di essere riscoperta.
È la rascatura
Lo street food siciliano nel mondo
«A tanti siciliani – spiega lo chef Roberto Lombardo – capita di dire trasferiamoci negli Stati Uniti, o in un altro paese straniero, ed apriamo un chiosco di panelle. Io l’ho fatto, sono stato in America a proporre la cucina siciliana e prima di tornarci ad aprire dei punti vendita di street food, ho scelto di far riscoprire ai miei concittadini i sapori perduti nel tempo». Tra le ricette di Lombardo, infatti, recuperate dalla tradizione e rivisitate, oltre alle arancine fatte rigorosamente con riso carnaroli, di tanti gusti, tra cui gulasch, stigghiola, pollo e curry, pollo fritto e panatura di grissini, piacentino ennese e broccoli in tegame, radicchio e gorgonzola, quinoa nera, patate e tofu affumicato, nonché le dolci come la sette veli al pistacchio, ci sono panelle sia classiche di ceci, sia di fave e di piselli, lecrocchè anche di patata rossa e nera, aromatizzate con speck croccante, o ai carciofi, funghi porcini e, infine, le rascatureclassiche e aromatizzate con tuma e alici. «Bisogna chiarire – spiega Gaetano Basile – che cosa deve intendersi per cibo di strada, secondo la definizione stessa della Fao, che ho tradotto».
Viaggio alla riscoperta della rascatura
Rascatura è un alimento di risulta è, dal dialetto, il risultato del raschiamento con la spatola del fondo e delle pareti delle pentole dove si è preparata la polentina delle panelle. La forma non fu mai standardizzata. Sono una derivazione della falafel araba. La loro consumazione non è più vecchia di 150 anni. Più recente ancora la sua diffusione, infatti, lo scrittore e antropologoGiuseppe Pitrè, che visse tra la metà dell’Ottocento ed i primi del Novecento, scrisse che le “piscipanelli”, surrogato di una troppo cara frittura di pesce, e quindi le rascature si vendevano dai primi di dicembre fino a Natale con il massimo dello smercio a Santa Lucia. Finirono col diventare comuni tutto l’anno a colazione o a cena, e spesso erano l’unico pasto quotidiano della povera gente.
Milvia Averna