Se siete siciliani – o se siete soliti frequentare qualcuno di origini siciliane – avete probabilmente sentito chiamare il mal di stomaco in un modo molto particolare. Gli abitanti dell’Isola, soprattutto in occasione del classico bruciore allo stomaco, si indicano un punto ben preciso del corpo, chiamando in causa a vucca ri l’arma (o vucca l’arma). Questa espressione, letteralmente, significa “la bocca dell’anima” e viene utilizzata in relazione a quella parte del corpo che si trova appena sotto il diaframma: il cosiddetto plesso solare. Ora, sarà anche vero che i siciliani sanno essere molto particolari, ma cosa unisce la bocca dello stomaco a un argomento così elevato come l’anima? Cerchiamo di capirci qualcosa di più.
Partiamo subito da un semplice chiarimento. Anticamente, in Sicilia, si pensava che l’anima avesse sede in ben tre punti. Si sa, gli abitanti dell’Isola devono sempre un po’ strafare, quindi avevano localizzato la loro anima nella testa, all’altezza del cuore e anche un po’ più su dell’ombelico. Questa “organizzazione”, peraltro, richiama anche alcune credenze diffuse in diverse civiltà antiche. Come vedete, i siciliani devono sempre essere un po’ complicati. Da questo, possiamo passare al significato di quella vucca ri l’arma che oggi ci sta facendo tanto crucciare.
Gaetano Basile, nel suo “Dizionario sentimentale della parlata siciliana”, ci spiega che questa entità spirituale “è poco compresa e quindi poco praticata, portati come siamo noi siciliani alla corporalità“. Certe forme di gastrite vengono chiamate bruciuri a la vucca ri l’arma, perché proprio lì è stata riposta l’anima. Così, ci spiega Basile, “pur ignorando di averne una, siamo posseduti dall’anima, esattamente come i personaggi de Gli anni perduti di Brancati o come il La Ciura di Lighea di Tomasi di Lampedusa”. E noi aggiungiamo: che si trovi nello stomaco, nel cuore o nella testa, non fa differenza, cercate la vostra anima dove più vi piace!