Chiunque sia stato almeno una volta in Sicilia, ha sicuramente ascoltato una abbanniata. Quando non si è nati sull’Isola, al primo ascolto si può rimanere un po’ sorpresi, se non interdetti o addirittura spaventati. Nei mercati storici, come Il Capo di Palermo o la Pescheria di Catania, le grida dei venditori risuonano numerose, mescolandosi ai rumori degli avventori e delle bancarelle. Un tempo, i venditori ambulanti tenevano la propria mercanzia nelle cassettine messe al collo, su carrettini spinti a mano (o trainati da asini) o anche sulle biciclette: l’abbanniata siciliana serviva proprio a incuriosire i potenziali clienti, avvisarli di ciò che si aveva. Esisteva anche l’abbanniata della putìa, cioè quella che i vari commercianti facevano davanti le loro botteghe.
L’origine del verbo abbanniare affonda le radici in quello straordinario mix di culture e popoli che ha reso la Sicilia unica nel suo genere. Deriva, infatti, dal verbo bandujan, cioè dare pubblico annuncio. Per renderle ancora più allettanti, le abbanniate siciliane si trasformano spesso in canti. I venditori danno loro un ritmo, inventano rime e trasformano le semplici frasi in versi orecchiabili: state pur certi che quei versi sono in grado di entrare in testa (senza andarsene più!). Le abbanniate si trovano, di fatto, in tutte le zone della città, perfino quelle in riva al mare. Sulla spiaggia di Mondello, la borgata marinara di Palermo, i venditori di bibite, pollanche e ciambelle fritte hanno abbanniate tipiche, entrate di diritto nella storia folkloristica della città.
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