Le buone abitudini a tavola dei Siciliani.
- Ci sono comportamenti legati al cibo che solo chi vive in Sicilia può capire.
- La nostra isola ha un rapporto davvero speciale con la cucina e con tutto ciò che riguarda pranzi e cene.
- Per comprendere il valore di quei comportamenti, bisogna essere autenticamente siciliani!
La cucina siciliana è una delle più buone del mondo, su questo non ci sono dubbi. La fama delle ricette di Sicilia supera di gran lunga i confini geografici di questa terra. Il merito è di una tradizione secolare, che ha saputo coniugare culture diverse, creando un meraviglioso ricettario. A caratterizzare la cucina, qui, non sono soltanto le preparazioni, ma anche le consuetudini legate al cibo. Esistono, infatti, abitudini a tavola che solo i Siciliani possono capire. Non fraintendeteci: vogliamo dire che alcuni comportamenti possono sembrare strani a chi non è siciliano, mentre sono del tutto normali per chi vive in Sicilia. Scopriamo subito quali sono: siamo certi che le troverete interessanti.
- La domanda “Hai mangiato?” è polivalente. Anzitutto, equivale anche a chiedere a qualcuno se stia bene o meno. In secondo luogo, qualunque sia la risposta, è un invito a mangiare ancora qualcosa, anche se si è già pieni o se si è appena terminato un pasto luculliano.
- È sempre possibile aggiungere un posto a tavola. Non ci si scompone se il campanello suona all’ora di cena e non ci sono problemi di spazio: ci si stringe e, a tavola, si entra tutti.
- Le frasi “Ti preparo quello che c’è” o “Mi arrangio” sono una truffa. Non vogliono dire che si mangerà poco, perché le abili mani siciliane sanno preparare interi manicaretti con pochissimo.
- È sempre l’ora giusta per mangiare la rosticceria. Quando si mangiano i pezzi, l’orologio non esiste: possono essere le 9 del mattino o della sera. Via libera anche alla rosticceria fritta, che sta bene un po’ su tutto. Non fate complimenti.
- I croissant li chiamiamo cornetti, non brioche. L’unico termine simile a brioche che abbia un valore è brioscia, cioè quella con il tuppo.
- Il pranzo della domenica dura per tutta la domenica. Si sa quando ci si siede, ma non si sa quando ci si alza. Inutile opporre resistenza: tra le portate principali, i dolci e le chiacchierate, si fa già l’ora di cena, quindi tanto vale rimanere a tavola.
- Si pranza e si cena “tardi“. A mezzogiorno, praticamente, è ancora colazione.
- Il “mellone“, con due “l” è l’anguria, non il cantalupo.
- Il pane non serve ad accompagnare le pietanze: è già una pietanza, perché è talmente buono che non lo si può relegare a un “accompagnamento”.
- Quando si è ospiti a pranzo o a cena da una persona cara, non si uscirà da quella casa senza avere un pacchettino per il giorno dopo. Quello che rimane, si condivide.