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Acqua e zammù: profumo di anice e di tradizione siciliana

Non c’è estate senza acqua e anice!

  • Acqua e zammù, un matrimonio semplice, molto riuscito e – naturalmente – siciliano.
  • Più che una bevanda, una forma di benvenuto e un rituale che si tramanda da una generazione all’altra.
  • Goccia dopo goccia, l’acqua si aromatizza e disseta.

L’estate in Sicilia è scandita da ritmi lenti, dalle calde giornate assolate e dalla canicola. I siciliani hanno sempre cercato rimedi per combattere le temperature elevate, trovando soluzioni che, al giorno d’oggi, sono diventate iconiche. Tra queste c’è sicuramente l’acqua e zammù, una bevanda perfetta nella sua semplicità. Chi non è siciliano potrebbe non conoscere lo zammù: si tratta dell’anice che, goccia dopo goccia, cade in infusione nell’acqua fresca da oltre duecento anni. C’è anche chi lo mette nel caffè. Dal 1813 la famiglia Tutone produce il classico Anice Unico, secondo una ricetta segreta da sei generazioni. La fabbrica si trova nel centro storico di Palermo. La bottiglietta è inconfondibile, con il collo lungo, e fa subito pensare alla famiglia, alla casa, ai ricordi affettuosi. Addentriamoci, dunque, in quei ricordi.

Come nasce l’acqua e zammù?

L’origine dell’acqua e zammù ci porta alla Fieravecchia di Palermo, oggi piazza Rivoluzione: qui, nel 1813, Giuseppe Tutone cominciò a produrre anice, nel retrobottega di una drogheria. Nella stessa piazza venne impiantato il primo chiosco in cui vendere la bibita ai nobili che uscivano dal Teatro di Santa Cecilia. L’usanza di mescolare l’acqua con l’anice affonda le radici nel periodo della dominazione araba. In passato era assai diffuso il mestiere di acquaiolo, che andava in giro con un piccolo desco di legno, offrendo acqua potabile e fresca, da accompagnare con succo di limone. Questa figura era itinerante e girava di casa in casa. Poi nacquero i primi chioschi. Le strutture, originariamente, erano abbastanza “di fortuna”, ma in seguito lasciarono il posto a chioschi decisamente più eleganti, alcuni dei quali esistono ancora oggi. Nel centro storico di Palermo, ma anche a Catania, ad esempio, si possono gustare diverse bevande della tradizione.

Il termine “zammù” deriva da sambuco e rappresenta un antico digestivo, servito dalla maggior parte dei palermitani di un tempo insieme alla cosiddetta “mosca”, cioè un chicco di caffè inserito nel bicchierino. L’anice può essere utilizzato anche per preparare una sfiziosa granita: basta unire acqua, zucchero e anice, fino a che il colore non diventi bianco opaco. Dopo 6 ore in freezer si può servire in coppe di vetro trasparente, decorandola con chicchi di caffè. Se non l’avete mai provata, vi consigliamo di assaggiare almeno una volta l’acqua e zammù: sentirete il sapore della Sicilia.

Redazione