Adolfo Celi, vita e carriera dell’indimenticato attore che ha scritto grandi pagine di cinema italiano. Con il suo sguardo e la sua attitudine ha ricoperto in modo perfetto il ruolo del “cinico”. Biografia e film: dove è nato, quando è morto e a quale età.
Nasce a Messina il 27 luglio del 1922. Il padre, Giuseppe, è prefetto di Grosseto e di Padova e Senatore del Regno d’Italia. La madre è Giulia Mondello. Cresce tra la Sicilia e il Nord dell’Italia, risiedendo anche a Padova.
Grazie a una cinepresa amatoriale, ricevuta in regalo dal padre, Adolfo Celi si impratichisce con le riprese. Nel 1942 si iscrive all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma, dove si diploma nel 1945. Per l’occasione, mette in scena “I giorni della vita” di William Saroyan.
Negli anni dell’Accademia conosce, tra i tanti, quelli che diventeranno grandi nomi del cinema: Vittorio Gassman, Mario Landi e Vittorio Caprioli, che gli trasmettono la passione per il teatro il grande schermo. È un grande amico di Renato Baldini.
Nel 1946 lo scritturano per il film “Un americano in vacanza” di Luigi Zampa. Seguono i ruoli in “Natale al campo 119” di Pietro Francisci, nel 1947, e, nel 1948, “Proibito rubare” di Luigi Comencini. Nello stesso anno Aldo Fabrizi gli fa una proposta che gli cambia la vita: partecipare al film “Emigrantes“, girato in Argentina nel 1949.
In seguito Adolfo Celi si sposta in Brasile e si appassiona a questa terra al punto da decidere di rimanerci per ben 15 anni. Prima è al teatro TBC di San Paolo, poi fonda il Teatro Brasileiro de Comédia di San Paolo e la compagnia di prosa “Carrero-Celi-Autran”, insieme alla moglie Tonia Carrero e Paulo Autran.
La produzione cinematografica Vera Cruz gli affida, inoltre, la regia dei film “Caiçara” (1950) e “Tico-Tico no Fubá” (1952). Attraverso queste esperienze oltreoceano, Adolfo Celi diventa uno dei più importanti registi del Brasile. Ancora oggi è considerato tale, poiché ha definito canoni di sperimentazione teatrale, cinematografica e televisiva che ai tempi erano agli esordi.
In Brasile inizia anche una carriera di caratterista cinematografico. Recita nei film “L’uomo di Rio” (1964) e “Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono)” (1965). Attraverso queste pellicole, raggiunge una grande notorietà internazionale, che favorisce il suo ritorno in Italia.
Celi rientra in Italia all’inizio degli anni Sessanta. Trova, naturalmente, un ambiente cinematografico molto diverso da quello che aveva lasciato e in pieno sviluppo. Si specializza nei ruoli di “cattivo”. Spazia dai film western a quelli d’azione, senza tralasciare le commedie. Riveste spesso i panni di personaggio malvagio o potente.
È uno dei pochi attori italiani in gradi di recitare anche in inglese. Con la sua bravura e la sua preparazione professionale, Adolfo Celi diventa così protagonista o comprimario in tante produzioni internazionali.
È lui a rivestire i panni di “villain” (cioè il cattivo) della saga dei film James Bond “Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono)”. Ottiene ruoli importanti in altri film, tra cui: “Il tormento e l’estasi” (1965) di Carol Reed, “Il colonnello Von Ryan” (1965) di Mark Robson, “Grand Prix” (1966) di John Frankenheimer, “Masquerade” (1967) di Joseph L. Mankiewicz, “Il fantasma della libertà” (1974) di Luis Buñuel.
L’unico film italiano che dirige esce nel 1969 ed è l’autobiografico “L’alibi“. Lo realizza insieme ai suoi compagni d’accademia, Vittorio Gassman e Luciano Lucignani. In Italia, Adolfo Celi raggiunge l’apice del successo quando recita nella fortunata trilogia di “Amici miei” (1975), “Amici miei – Atto IIº” (1982) e “Amici miei – Atto IIIº” (1985).
In questi film ricopre il ruolo del professor Alfeo Sassaroli, un brillante primario ospedaliero annoiato dal lavoro, che si unisce alle allegre “zingarate” di un gruppo di amici fiorentini.
Non mancano, per lui, esperienze in televisione. Nel 1972 Daniele D’Anza lo dirige nel ruolo del medico nazista nello sceneggiato Rai “Il sospetto”. Veste anche i panni del poliziotto italo-americano Joe Petrosino, nell’omonimo sceneggiato. Tre anni dopo, interpreta Don Mariano D’Agro, nello sceneggiato “L’amaro caso della baronessa di Carini” del 1975.
Indimenticabile, nella memoria del pubblico italiano, il suo ruolo come lord James Brooke nella miniserie televisiva “Sandokan” del 1976, diretta da Sergio Sollima. È lui l’acerrimo nemico della Tigre di Mompracen, il personaggio di Kabir Bedi.
Gli viene anche affidata l’eredità di Giampiero Albertini nello spot del noto marchio di elettrodomestici Ignis. Nel 1981 prende parte al kolossal storico televisivo inglese “I Borgia”. Interpreta, dopo aver impersonato diversi prelati e cardinali, la parte di Rodrigo Borgia, salito al soglio pontificio come Papa Alessandro VI. Sempre negli anni Ottanta torna al teatro.
La sera della rappresentazione teatrale dei “Misteri di Pietroburgo” di Dostoevskij al Teatro di Siena, viene ricoverato per un infarto. Vittorio Gassman prende il suo posto sul palcoscenico.
Adolfo Celi muore a Siena il 19 febbraio 1986, all’età di 63 anni, per un arresto cardiocircolatorio, esattamente 40 anni dopo la morte di suo padre, avvenuta il 19 febbraio 1946. È sepolto nel cimitero monumentale di Messina, sua città natale.
L’attore siciliano è stato sposato tre volte. La prima moglie è Tonia Carrero, dal 1951 al 1963. La seconda Marília Branco dal 1964 al 1965. La terza Veronica Lazar dal 1966 fino al 1986.
Dal matrimonio con Lazar ha i suoi due figli: Alessandra, nata nel 1966, e Leonardo nel 1968. Proprio Leonardo è autore del documentario “Adolfo Celi, un uomo per due culture“, realizzato nel 2006 per ricordare il padre a vent’anni dalla scomparsa e presentato nel 2008 alla Festa del Cinema di Roma nell’ambito della rassegna organizzata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo Adolfo Celi e i ragazzi tornati dal Brasile.
Nella zona Nord di Roma c’è una via intitolata ad Adolfo Celi. In occasione del ventennale della scomparsa, è stata posta una targa commemorativa nella sua casa natale a Messina, in via Brescia. Gli è anche stata intitolata una via nella zona Sud della città dello Stretto. Alla cerimonia di intitolazione ha anche partecipato Kabir Bedi. Grazie al ruolo in “Sandokan“, l’attore siciliano prese il volo verso Roma.
«Sono nato nel Quartiere Lombardo… e ho ancora tantissimi amici di grande intelligenza e profonda cultura. È vero che il terremoto, ma anche il secondo conflitto mondiale, hanno fatto abbandonare a molti la città. Dopo la maturità, nel 1940, sentivamo fortissima l’aria del continente e l’inizio dei bombardamenti contribuì a far lasciare Messina», ha raccontato Adolfo Celi.