Superquark alla scoperta delle Saline di Sicilia.
- Alberto Angela e le Saline: i segreti dell’oro bianco.
- Il celebre conduttore e divulgatore scientifico ci rivela le curiosità sul Sale di Sicilia.
- È un viaggio davvero interessante alla scoperta delle Saline di Trapani e Paceco.
La Sicilia è ricchissima di luoghi che fanno percepire la sua storia millenaria. Basta guardare i paesaggi per rendersene conto. Da un capo all’altro della nostra isola, ci sono infinito esempi in tal senso e la visita di Alberto Angela alle Saline ne è una dimostrazione. «Uno di questi luoghi – spiega Angela – è il tratto di costa che va da Trapani a Marsala. Era già stato colonizzato dai Fenici 2800 anni fa e ancora oggi il suo paesaggio, i suoi odori e i suoi panorami, ci sorprendono». La trasmissione Superquark ha fatto tappa in Sicilia per rivelare i segreti del sale, l’oro bianco. Mettetevi comodi, perché c’è davvero tanto da scoprire.
Alberto Angela alle Saline: segreti dell’oro bianco
Il sale considerato è chiamato oro bianco per molti motivi. È un elemento utile all’organismo, che ha alimentato infiniti commerci, da tempo immemore. Pensate che i Romani davano un’aggiunta di sale allo stipendio dei loro legionari: da qui il termine “salario”. L’estrazione del sale dall’acqua marina è una tradizione antichissima, con tecniche antichissime. Alberto Angela, mentre visita le Saline siciliane ci racconta che qui l’uomo, preservando l’umidità dei luoghi, ha creato un’area speciale per la vita di tanti animali. La Riserva delle Saline di Trapani e Paceco esiste dal 1995 ed è stata affidata al WWF. Si tratta di un’area umida, zona fondamentale per la sosta, l’alimentazione e la riproduzione di tanti uccelli migratori. Ci sono oltre 230 specie di volatili, come gli spettacolari fenicotteri rosa. I fenicotteri si fermano qui in primavera e tornano in autunno con i loro piccoli. Nelle saline trovano nutrimento e rifugio, ma danno un contributo al funzionamento, entrando a far parte della catena biologica. Ma come si estrae il sale? Ve lo diciamo subito.
Come si estrae il sale in Sicilia
Quando l’acqua del mare evapora, non abbiamo subito il sale. Quella patina bianca che troviamo spesso sugli scogli non è commestibile, perché contiene solfati e carbonati. Bisogna trovare il modo di separare le sostanze dal cloruro di sodio: questo è ciò che si fa nelle saline. Angela visita le Saline Chiusicella, dove si estrae il sale da secoli. Le vasche hanno colori diversi, perché rappresentano stadi diversi della lavorazione. Più si va avanti, più la concentrazione del sale aumenta. Ecco come.
L’acqua di mare entra nelle prime vasche, chiamate “fridde”. Un tempo era il mulino a pompare acqua grazie alla “vite di Archimede”. Nel “vasu cultivu” l’acqua incontra i residui della preparazione precedente. L’azione del sole e del vento aumenta temperatura e salinità. La vasca “ruffiana” è una intermediaria tra il vasu e le caure. Nelle ultime fasi l’acqua passa nelle vasche salanti, chiamate “casedde”. Il sale siciliano è molto puro. Si raccoglie a metà luglio e metà agosto. E non finisce qui: ecco come continua.
I salinari usano uno strumento per spezzare la crosta di sale, stando attenti a non colpire lo strato sottostante, la mamma caura, argilloso e impermeabile, che consente a tutto questo di esistere. Quando il sale si raccoglie, forma le montagnette che in autunno si coprono con le tegole e continua a perdere la sua umidità. Questo sale ha delle qualità alimentari intuibili: mantiene lo iodio del mare, è umido, molto sapido e se ne prende di meno. L’importanza di un luogo come questo è che è una sorta di laboratorio che unisce uomo e natura: Alberto Angela chiama le Saline un piccolo “gioiello del tempo”.