La cosiddetta "ansia da lavavetri" può diventare oggetto di risarcimento. Sembrebbe quasi una boutade, ma non lo è affatto: il Sole 24 Ore riporta tutti i dettagli della richiesta di un puntiglioso automobilista di Udine stanco del "danno esistenziale" per il "disagio" e "l'ansia" derivanti dalla massiccia presenza di lavavetri ai semafori. Sarà il giudice amministrativo del Tar a decidere se il Comune dovrà mettere le mani al portafogli o meno.
In sostanza, secondo l'uomo che definire certosino è un eufemismo, il sindaco non avrebbe esercitato il potere di emanare provvedimenti "contingibili e urgenti" per fronteggiare "gravi pericoli" che minacciano la pubblica incolumità. Per il ricorrente, infatti, la presenza di pedoni "ben vestiti e ben pasciuti" che "domandano (con insistenza) soldi sulla strada comunale" sarebbe da equiparare "al tronco caduto sull'asfalto e perciò […] fuori posto rispetto al diritto di circolare dell'automobilista ricorrente". Per cui, allo stesso modo, il Comune sarebbe "tenuto alla materiale attività di sgombero della carreggiata da tali pericoli/insidie per garantire la sicurezza e la fluidità del traffico".