Continua il nostro viaggio di scoperta della lingua siciliana. Per approfondirla meglio, abbiamo pensato di fare un tuffo nel passato, concentrandoci su alcuni prodotti della tradizione. I frutti siciliani ci offrono un validissimo spunto in tal senso: alcuni degli antichi nomi che troverete di seguito, oggi sono soltanto un ricordo. È bello conoscerli e recuperarli, scoprendo un’altra piccola pagina della storia della nostra isola.
Cominciamo dalla ‘nzinzula, cioè la giuggiola, un frutto dalla polpa farinosa e dolciastra, simile al dattero. Se, invece, diciamo zalora, stiamo parlando delle azzeruole: frutti dissetanti e rinfrescanti, che si possono anche conservare sotto spirito, per essere utilizzati in pasticceria.Il cutugnu è facilissimo da indovinare: si tratta della mela cotogna, molto profumata e perfetta per realizzare confetture e gelatine. Con il nome pumu, invece, si indica la mela, un frutto che non ha bisogno di presentazioni!
Se vi chiedessero un granatu, a cosa pensereste? Si tratta del melograno, con i suoi chicchi che sembrano pietre preziose (proprio come i granati!). La niaspula è, naturalmente, la nespola. Per indicare le sorbe, frutti aspri e ricchi di tannino, invece, in Sicilia si usa il termine zorba. Una vera chicca è l’antico nome del gelso: ciansu. Questo frutto è molto amato, con i suoi preziosi frutti che vengono impiegati per preparare una delle granite più buone. Limuni, mannarinu e aranciu sono un trio imbattibile, con il colore e la forza degli agrumi siciliani. Per chiedere un’albicocca, potete tranquillamente dire fraccoca mentre, per le ciliegie, cirase. Guai a confondere piru e piruni! Il primo indica la pera, il secondo le susine. Chiudiamo in dolcezza con la racina, cioè l’uva.
Foto di Angelo Cutaia