Antonino Calderone chi era? Biografia del collaboratore di giustizia siciliano. Dove è nato, cosa ha fatto, la collaborazione con Giovanni Falcone e le sue rivelazioni. Come e dove è morto.
Antonino Calderone Nasce a Catania il 24 ottobre del 1935. Muore il 10 gennaio del 2013, a 78 anni, in una località segreta oltreoceano, presso la quale risiede da anni sotto falsa identità. A partire dal 1962 è uno degli uomini della prima “famiglia” della città di Catania ed è fratello di Giuseppe Calderone. Nel frattempo, svolge la sua attività di imprenditore.
Non è responsabile di nessun omicidio, sebbene ammetta poi di aver assistito a 7 uccisioni. Stando a quanto emerso dalle indagini, controlla alcuni affari catanesi fino al settembre del 1978, anno in cui Nitto Santapaola decide di fare uccidere il fratello Giuseppe.
Dopo l’assassinio del fratello, Antonino Calderone viene estromesso dagli affari della famiglia catanese. Fugge dall’Italia e va in Francia, dove mette in piedi per qualche anno una piccola attività di lavanderia. Proprio in Francia, nel 1968, viene arrestato e, dopo alcuni mesi di carcere, decide di collaborare con la giustizia.
Lui e la sua famiglia vengono posti sotto protezione. È tra i più importanti fornitori di informazioni sulla mafia catanese. Conclude la sua esistenza sotto protezione, in una località segreta e sotto falso nome.
In più occasioni, Giovanni Falcone si reca nel carcere della Bouvette di Marsiglia, per ascoltare le rivelazioni di Antonino Calderone, che riempiono 875 pagine di verbali e ricostruiscono con dovizia di dettagli l’organigramma della “famiglia” di Catania, le modalità organizzative delle altre famiglie e delle province di tutta la Sicilia.
Grazie a queste dichiarazioni, l’Ufficio istruzione di Palermo emette 160 mandati di cattura per omicidio e associazione a delinquere di stampo mafioso portati a termine nel maxi-blitz del 10 marzo 1988 che colpisce soggetti di diverse province siciliane. Nel 1989 Calderone viene ascoltato come testimone nel giudizio d’appello del Maxiprocesso di Palermo.
Ai giornali, Antonino Calderone, molto colpito dalla personalità di Giovanni Falcone, dichiara: “Ho collaborato con Falcone perché è uomo d’onore“. In seguito alle sue rivelazioni, viene estradato dalla Francia e sconta tre anni in isolamento nel carcere di Rieti, finché nel 1991 abbandona definitivamente l’Italia per raggiungere la moglie e i figli in una località segreta all’estero e sfuggire alla vendetta di Cosa nostra.
Non manca, però, di far arrivare un ultimo messaggio, particolarmente significativo, proprio a Falcone: “Signor giudice, non ho avuto il tempo di dirle addio. Desidero farlo ora. Spero che continuerà la sua lotta contro la mafia con lo spirito di sempre. Ho cercato di darle il mio modesto contributo, senza riserve e senza menzogne. Una volta ancora sono costretto a emigrare e non credo di tornare mai più in Italia. Penso di avere il diritto di rifarmi una vita e in Italia non è possibile. Con la massima stima, Antonino Calderone”.
Nel 1991 il sociologo Pino Arlacchi (consulente della Commissione parlamentare antimafia) incontra diverse volte in località protetta (con il permesso e l’aiuto della polizia) Antonino Calderone, in procinto di espatriare dall’Italia: i lunghi colloqui con il collaboratore di giustizia portano alla stesura del libro-confessione Gli uomini del disonore.