Arcangelo Sassolino, l’artista che ha realizzato l’installazione “Elisa” ai Quattro Canti di Palermo, spiega in un’intervista a BlogSicilia qual è il significato dell’opera creata in occasione del trentennale delle stragi di mafia del 1992.
L’opera di Arcangelo Sassolino ai Quattro Canti di Palermo
“Elisa” si compone del braccio di un escavatore, posto su un esagono in cemento armato, che sviluppa movimenti tridimensionali nello spazio. «La macchina funziona perfettamente», spiega Sassolino. «È nata per disegnare forme nuove nello spazio in continuazione. Ci sono momenti in cui la benna annaspa nell’aria, momenti in cui cade e striscia sul cemento, ovvero sulla base. Nessun malfunzionamento, è il normale corso dell’opera».
Ad alimentare l’installazione è una pompa idraulica funzionante ad olio inserito ad alta pressione, grazie a un apposito macchinario. Questo meccanismo consente all’opera di muoversi nell’ambiente in cui è posta.
L’artista afferma che, da un punto di vista concettuale, gli interessavano due questioni: «Creare nuove forme nello spazio e pensare ad una scultura che, per la prima volta, consuma il proprio basamento e lentamente sprofonda. Diventa una metafora di cosa stiamo facendo con il pianeta e di cosa stiamo diventando».
La sua idea è nata dal ritrovamento di un braccio meccanico: «Dieci anni fa, ho scoperto che in un cantiere della provincia di Vincenza una escavatrice nuova di zecca è stata data alle fiamme per motivi di appalti. L’unica cosa rimasta intera era il braccio meccanico. L’ho acquistato, ristrutturato ed utilizzato per quest’opera».
Un parallelismo fra attualità e abusivismo edilizio
“Elisa” crea un parallelismo fra l’attualità e l’abusivismo edilizio, contestualizzato a fenomeno che ha riguardato il capoluogo siciliano, ad esempio in occasione del periodo noto come “sacco di Palermo“: «In qualche modo, l’escavatore è segno di costruzione e distruzione. Se pensate al sacco di Palermo, tali strumenti sono stati impiegati per certi scempi. È la metafora ideale per definire quello che è successo in questa città».
Per quanto riguarda la collocazione proprio ai Quattro Canti, nel cuore del centro storico, Arcangelo Sassolino spiega: «Se l’avessimo esposta in un altro luogo, forse non avrebbe avuto l’eco che ha avuto e non avrebbe sollevato tutte queste polemiche. Se ci pensate, l’arte deve sollevare interrogativi. Deve far pensare. L’arte è sempre un messaggio positivo, anche nella sua brutalità. È un modo per riflettere anche sul chi siamo come individui in questo mondo. Spero che sia un modo che possa far riflettere le persone sul modo in cui l’arte si evolve».