Archestrato di Gela, il siciliano che fu padre della critica dell’arte culinaria . Forse non tutti lo sanno, ma fu proprio questo poeta vissuto nella seconda metà del IV secolo, ad aprire la strada ai critici gastronomici. La sua fama varcò ben presto i confini della Sicilia e del Mar Mediterraneo. D’altronde, avendo a portata di mano la deliziosa cucina siciliana, non poteva essere altrimenti.
Fu un appassionato commensale, nonché un abile cuoco. Senza dubbio, la sua opera più famosa è l’Hedypatheia, poema in cui racconta le gesta di un ricco uomo siculo che gira il mondo antico, divertendosi a scrivere le sue esperienze gastronomiche.
Nel suo poema Archestrato racconta dei suoi lunghi viaggi alla ricerca delle migliori vivande e dei vini più pregiati. Tratta inoltre del pane, dei pesci della selvaggina, della produzione e della conservazione del vino. Si sofferma soprattutto sui pesci, indicandone le qualità migliori, i luoghi di provenienza, le specie più rinomate e le specifiche stagioni di pesca.
Di questa opera ci è pervenuto un discreto numero di frammenti, seppur spesso molto brevi. Al di là dei prodotti e delle loro caratteristiche, si parla anche delle modalità di consumo. Le ricette di Archestrato sono all’insegna di genuinità e schiettezza. Si può dire che si contrapponga agli eccessi dei cuochi dell’epoca: secondo lui, ad esempio, i cuochi di Siracusa erano “sempre pronti ad imbrattare di cacio, aceto, silfio e altre frivolezze ogni pesce, a costo di snaturarlo”.
L’opera di Archestrato di Gela è una vera e propria promozione delle eccellenze, un delizioso viaggio gastronomico in una tradizione culinaria ricca e corposa, fatta di sapienza e tradizione.
Contemporaneo di Epicureo, aveva per le delizie della mensa un vero e proprio amore. Secondo lui, l’uomo saggio che non voleva incorrere nell’ira degli Dei doveva provvedersi di cibi a peso d’oro, ricorrendo anche al furto e rischiando anche la morte.