Il fervido amore di Alessandro Saraceno per la Sicilia e la sua lingua ha spronato il giovane di 26 anni a compiere un gesto straordinario: redigere la sua tesi triennale interamente in siciliano.
“Se si discute così tanto del siciliano ma non si fa uso di esso, qual è il senso? Ho deciso di abbattere questo muro linguistico”, ha commentato il giovane, “restituendo all’isola un documento nella sua lingua, mancante dal 1555”.
Questo vuoto temporale risale alla decisione di Carlo V di stabilire l’italiano come lingua ufficiale della Sicilia, sostituendo il siciliano. Per Saraceno, questo rappresenta un torto storico che i suoi antenati non hanno mai corretto, mantenendo una forma di sudditanza culturale.
L’italianizzazione nell’istruzione superiore e l’isolamento linguistico nei ceti bassi
Nell’attuale panorama educativo, chi si avvicina all’istruzione superiore tende a italianizzarsi. Al contrario, i ceti più bassi vivono un maggiore isolamento linguistico, conservando così il siciliano in modo più autentico rispetto ai ceti superiori. Un “pregiudizio sociologico” è al centro di tutto, secondo Saraceno, poiché non vi è alcun motivo scientifico per cui il siciliano dovrebbe essere considerato inferiore all’italiano. La scelta di scrivere la tesi in dialetto mira a dare il giusto esempio, abbattendo il pregiudizio e portando il siciliano nelle istituzioni, nelle scuole e nella cultura.
Leggi inattuate e il ruolo dei social nell’analisi linguistica
Saraceno ha strutturato la sua tesi con un’alternanza di esempi e analisi, utilizzando i social come strumento di indagine. Il suo obiettivo è curare il siciliano non solo dal punto di vista grammaticale ma anche estetico e stilistico, creando una sorta di “siciliano standard”. La ricerca, svolta su un campione di dati sociali, è racchiusa in circa cinquanta pagine, che saranno discusse in una sessione di laurea presso il dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania all’inizio del 2024.
L’inno alla sicilianità: un verso di Antonio Veneziano
Come incipit, Saraceno inserirà un verso siciliano del poeta Antonio Veneziano: “Perché io che sono siciliano dovrei fare il pappagallo per una lingua di altri?”. Questa è una chiara allusione all’italiano, spesso adottato con ostinazione dai siciliani, relegando la lingua locale in secondo piano. Saraceno e il suo relatore, Salvatore Arcidiacono, professore di Filologia romanza, mirano a mettere i riflettori sulla bellezza e l’importanza del siciliano.
Nella foto di copertina, il 26enne indica con la mano il numero tre, il saluto sicilianista. Un collegamento simbolico al Vespro siciliano, con il tre che rappresenta gli angoli della Sicilia e le sillabe di Antudo: “Animus Tuus Dominus”, tradotto come “Il coraggio sia il tuo solo padrone”.
Fonte: MeridioNews.