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01Dalla Cina arrivano le bacche di Goji. Vengono prescritte per risolvere qualsiasi tipo di problema, ma cautela, perché questi frutti oblunghi e rossi non sono così miracolosi come sembrano.

Dal sapore simile a quello dell’uva passa, dei mirtilli e delle fragole, queste bacche originarie di Anatolia, Mongolia, Tibet e Cina settentrionale, vengono richieste e vendute da qualche tempo con l’obiettivo di risolvere i più comuni problemi e condizioni dell’organismo: dall’ipercolesterolemia all’invecchiamento, dal rafforzamento del sistema immunitario al dimagrimento, fino a contrastare gli effetti della degenerazione maculare.

Uno studio effettuato proprio in Cina, sui topi, suggerisce come le bacche di Goji abbiano una potente proprietà antiossidante, pari a quella messa in atto dalla vitamina C; sarebbero dunque in grado di combattere e contrastare le azioni dei radicali liberi, cellule in grado di provocare l’ossidazione, un processo che è la causa di diverse malattie, e condizioni degenerative legate all’invecchiamento dei tessuti.

E sugli esseri umani? Non esistono studi che ne abbiano ancora provato l’efficacia. Per questo l’Unione, nella figura dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), ha bocciato le indicazioni ‘miracolose’ che caratterizzano le diverse versioni del ‘frutto della longevità’, presenti sul mercato. Allo stesso tempo, la Commissione Europea per la Vigilanza sulla Sicurezza Alimentare ha definito le bacche del Lycium barbarum come sicure, e il Ministero della Salute italiano indica il Goji nella lista degli estratti vegetali impiegabili, come integratore antiossidante, senza “alcuna limitazione d’uso”.

Nel luogo d’origine, le bacche di Goji vengono consumate fresche, ma sul mercato Occidentale sono soprattutto presenti in forma essiccata o concentrata, in combinazione con altri alimenti come succhi di frutta, yogurt e merendine; molti sono i siti online specializzati in erboristica, che li vendono anche qui.

Uno studio effettuato ad Hong Kong e pubblicato sul British Journal of Nutrition evidenziò come la zeaxantina, uno degli elementi contenuti nelle bacche di Goji, sia particolarmente ben assorbita dall’organismo e per questo se ne suggerì l’utilizzo per combattere la degenerazione maculare senile. Ma suggerirne l’utilizzo purtroppo non significa che ne siano stati dimostrati gli effetti positivi.
Cosa contengono veramente questi frutti? Oltre ad un elevato quantitativo di proteine e carboidrati, così come altra frutta anche le bacche di Goji contengono vitamine e sali minerali.

In particolare sodio, ferro, calcio e vitamina C; e poi ancora amminoacidi essenziali e carotenoidi, tra cui sostanze come il carotene, la zeaxantina e la luteina. Il primo è un colorante, che si trova in tutti gli alimenti giallo-arancio, mentre il secondo composto è un antiossidante, che si trova in natura anche negli spinaci, nei porri, nell’insalata verde e nei piselli, e aiuta a mantenere sana la vista.

Se se ne fa uso, è necessario preoccuparsi? In un certo senso sì, perché non essendoci test scientifici che dimostrino l’efficacia delle bacche di Goji sull’organismo, non esistono nemmeno studi che confutino le eventuali conseguenze negative. Il problema non è dato tanto dalle sostanze contenute in sé, ma dai quantitativi contenuti, dai quantitativi ingeriti, e dalle interazioni tra questi ed eventuali farmaci assunti dal paziente o interazioni con altre terapie e condizioni pre-esistenti.

Uno studio del 2010, portato avanti negli Stati Uniti, ha stabilito come le bacche di Goji possano interferire con i farmaci anticoagulanti a base di composti cumarinici, e dunque avere effetti negativi per tutti coloro che soffrono di ipertensione, ma anche per i diabetici. Per questo motivo anche gli organi più importanti della salute, ne sconsigliano l’utilizzo.

Inoltre fanno parte della famiglia delle Solanacee, la stessa in cui rientrano pomodori e melanzane: se ne siete allergici, meglio starne alla larga.
Non è stata dimostrato alcun effetto collaterale per le donne in gravidanza o allattamento: ma per via della presenza di più che modeste quantità di betaina e selenio, sarebbe meglio evitarle.

In definitiva si possono utilizzare, ma a proprio rischio e pericolo, perché non esiste letteratura medica sufficiente che ne comprovi l’efficacia, e sfortunatamente, per certi versi, non esistono casi che ne confermino le probabili conseguenze negative. In via precauzionale dunque, meglio parlarne con il proprio medico e in alternativa, far riferimento ad alimenti più conosciuti, come quelli che consumiamo tutti i giorni.

Autore | Enrica Bartalotta