La ceroplastica, arte degli antichi cirari, si praticò fin dal Medioevo nei monasteri e nei conventi. A partire dal XVIII secolo superò i cancelli degli edifici religiosi, diventando una specializzazione di tanti artigiani, non destinata solo a una committenza ecclesiastica.
Questa tradizione della lavorazione della cera era di casa in Sicilia, ad esempio a Palermo e Siracusa. Tra le cere prodotte, spiccavano le figure di Gesù Bambino, benedicenti o dormienti. Spesso erano ex voto, confezionati su richiesta. Proprio per questo, gli artigiani siciliani venivano chiamati bbamminari o bbamminiddari, poiché realizzavano bambinelli di cera chiusi dentro le bacheche.
Proprio a Palermo, ad esempio, esiste anche una via Bambinai. Prima si chiamava dei Crocifissari, per la presenza di scultori di Crocifissi in osso. Questa strada, da piazza Meli al Largo Cavalieri di Malta, porta il ricordo di questa antica attività e delle antiche botteghe dei Bamminiddara.
Una forma di culto non solo del Bambinello, ma anche del presepe familiare. Gli artigiani si rifacevano alle cere dei monasteri, di origine ancora più antica, riccamente decorate. Includevano stoffe pregiate, perline di cristallo, madreperla e corallo, oltre a passamanerie di pizzo ricamate in oro e argento.
Per i loro Bambinelli erano famose le monache di Erice e gli artigiani del Val di Mazara. Nell’Ottocento continuò quest tradizione, ma c’erano anche materiali più semplici. Si ricreavano anche ambienti naturali, grazie a conchiglie, fontane e pecorelle. Intorno al Bambinello di cera vi sono fiori e frutti policromi: un vero iardinu siciliano. L’uso della cera ha anche un valore sacro.
U Bammineddu rimane il soggetto più rappresentato. Le botteghe di cirari e bbamminiddari sono in continua attività. Nella Sicilia Orientale, in particolare, la ricca produzione di miele e cera favorì l’arte della ceroplastica. Anche il catanese vide una fiorente produzione.
La produzione dei presepi in cera, appartiene in particolare alla regione iblea. I più celebri tra coloro che operarono con la cera, furono lo Zummo di Siracusa e il Rosselli di Messina. Presepi e figure di pastori di cera prodotti nel Settecento e anche nell’Ottocento del secolo scorso conobbero un tale successo tanto da venire apprezzati anche nei Salons parigini (lo riporta l’antropologo Antonino Uccello).
I bambineddi fatti di cera hanno, ancora oggi, un fascino molto particolare. Venivano plasmati in diversi atteggiamenti gestuali, che seguivano in genere schemi compositivi codificati. Si potevano realizzare dormienti o seduti, oppure nella classica posizione con braccia aperte, e gambe leggermente sovrapposte.
La duttilità della materia consentiva di modellare i bambinelli nei particolari. I tratti del viso, dolcissimi, erano tanto espressivi. A volte i tratti riprendevano quelli di qualche bimbo che aveva ricevuto una qualche grazia. In tante case siciliane, ancora oggi, si conservano quelle teche preziose, tramandate da una generazione all’altra.
Un tempo a questi oggetti sacri si riservava una posizione d’onore, nel menzotunnu (tavolo a mezzaluna) della casa., come racconta ancora Uccello. Una vera e propria attrazione per i bimbi ai quali si cantava:
Sutta na maccia ri nucidda
Cc’è na naca picciridda
Si cci curca lu Bbammineddu
Fa la vo, Gesuzzu bbeddu…