Beppe Alfano, chi era il giornalista siciliano ucciso dalla mafia. Biografia e carriera: dove è nato, quanti anni aveva quando l’hanno ucciso, come sono andate le indagini per il delitto. Cosa ha fatto nella sua vita, per quale giornale scriveva, le inchieste più famose. Morte, processo per i colpevoli, il ricordo e la memoria.
Beppe Alfano
Il nome completo è Giuseppe Aldo Felice Alfano, ma i più lo conoscono come Beppe Alfano. Nasce a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, il 4 novembre del 1945. Frequenta la facoltà di Economia e Commercio nella città dello Stretto e qui conosce Mimma Barbaro, sua futura moglie.
In seguito alla morte del padre, abbandona gli studi e si trasferisce vicino Trento, a Cavedine, dove lavora come insegnante di educazione tecnica alle scuole medie. Fa ritorno in Sicilia nel 1976. Negli anni giovanili è militante del MSI-DN, ma la sua grande passione è il giornalismo. Non si iscrive mai all’albo professionale, però, in segno di protesta.
Beppe Alfano inizia a collaborare con alcune radio provinciali e l’emittente locale Radio Tele Mediterranea. È corrispondente per La Sicilia di Catania ed è molto attivo in due tv locali della zona di Barcellona Pozzo di Gotto, cioè Canale 10 e Tele News. Quest’ultima è di proprietà di Antonio Mazza, anch’egli ucciso dalla mafia.
L’attività giornalistica di Alfano si rivolge soprattutto a uomini d’affari, mafiosi, latitanti, politici, amministratori locali e membri della massoneria. Le sue inchieste sul quotidiano La Sicilia approfondiscono gli intrecci tra mafia, imprenditoria e collusioni con la politica. A quanto pare, sarebbe stato molto vicino ad alcune importanti scoperte su Nitto Santapaola.
Come è morto Beppe Alfano
L’omicidio di Beppe Alfano avviene nella notte dell’8 gennaio del 1993, quando lo raggiungono tre proiettili calibro 22. Si trova fermo, alla guida della sua Renault 9 di colore amaranto in via Marconi, a Barcellona Pozzo di Gotto, poco distante dalla sua casa di via Trento. Le prime persone accorse, lo trovano con il capo riverso sul volante, seduto ancora al posto di guida dell’automobile. Ha 48 anni e lascia la moglie, un’infermiera all’ospedale di Patti, e tre figli.
Il lungo processo dopo la morte non si è ancora concluso e le indagini sono ancora aperte: al momento c’è stata una condanna per Giuseppe Gullotti per l’organizzazione dell’omicidio, ma sono ancora ignoti i veri mandanti, così come le circostanze che portano all’uccisione.
Nel corso della sua attività, Alfano ha dimostrato di essere incorruttibile. Un vero giornalista d’inchiesta con fiuto ed esperienza pari a quella di un poliziotto, un intuito da magistrato e una passione per la ricerca della verità. Ha anche disegnato l’organigramma delle cosche di Barcellona e del messinese, creando una traccia utile anche per gli inquirenti, nel contrasto alle cosche mafiose emergenti degli anni Novanta.
Chi l’ha conosciuto, sapeva che era un giornalista da non poter comprare, né intimidire. Il delitto ricorda in parte quello di Giuseppe Fava, avvenuto il 5 gennaio di 9 anni prima. Ancora molte le ombre sul delitto Alfano: indagini e perizie balistiche mai fatte, file cancellati e poi riemersi dal suo computer. I suoi familiari, nel suo nome, sono parte dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia.
La figlia, Sonia Alfano, è molto impegnata nel preservare la memoria del padre e i diritti delle vittime della mafia, oltre che nel condurre un’intensa attività informativa relativamente alla criminalità organizzata. Dal 2009 al 2014 ricopre il ruolo di eurodeputata eletta con Italia dei Valori; nell’assemblea di Strasburgo riveste molti ruoli, fra cui quello di presidente della commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro.
Appena 20enne quando il padre viene ucciso, ha già collaborato con lui, aiutandolo nella redazione degli articoli e delle inchieste. Il loro è un rapporto profondo e di stima, per quella ricerca della verità a tutti i costi: “Ci confrontavamo spesso e qualche giorno prima del suo omicidio, una sera, tornato a casa, mi chiamò nel suo ufficio e mi raccontò che gli avevano offerto dei soldi per lasciar perdere un’inchiesta che stava seguendo e che l’avrebbero ammazzato se non avesse accettato”.
Lo Stato ha onorato il sacrificio di Beppe Alfano, con il riconoscimento concesso a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, di cui alla legge n. 512/99.