Bernardo Provenzano, chi era il boss di Cosa Nostra. Biografia: dove è nato, chi era il suo braccio destro, l’attività malavitosa. Per quanto tempo è stato ricercato, quando e dove è stato arrestato, quanto è stato in carcere, dove e come è morto.
Bernardo Provenzano
Bernardo Provenzano nasce a Corleone, in provincia di Palermo, da una famiglia di agricoltori. È il terzo di sette figli e inizia presto a lavorare nei campi con il padre Angelo, abbandonando la scuola (non termina la seconda elementare).
Inizia una serie di attività illegali, legandoli al mafioso Luciano Liggio, che lo affilia alla cosca mafiosa locale. Viene chiamato nel 1954 per il servizio militare, ma viene dichiarato “non idoneo” e quindi riformato. Inizia in quel periodo, secondo le indagini dell’epoca, di macellazione clandestina di bestiame rubato.
Latitanza
Nel settembre del 1958 partecipa a un conflitto a fuoco, in cui rimane ferito alla testa. Nel settembre del 1963 i Carabinieri lo denunciano per l’omicidio del mafioso Francesco Paolo Streva (ex sodale di Michele Navarra), ma anche per associazione a delinquere e porto abusivo di armi.
Si rende da quel momento irreperibile, dando inizio alla latitanza. Viene assolto nel 1969 in contumacia per insufficienza di prove nel processo svoltosi a Bari per gli omicidi avvenuti a Corleone a partire dal 1958.
Secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonino Calderone, Provenzano partecipa alla cosiddetta “strage di viale Lazio“. I collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno dichiarano che nel 1974 Totò Riina e Bernardo Provenzano diventano i reggenti della famiglia di Corleone, dopo l’arresto di Liggio, ricevendo anche l’incarico di reggere il relativo ” mandamento”.
Secondo le indagini dell’epoca dei Carabinieri di Partinico, Provenzano trascorre la sua latitanza prevalentemente nella zona di Bagheria ed effettua ingenti investimenti in società immobiliari, attraverso prestanome, per riciclare il denaro sporco.
Seconda guerra di mafia
Nel 1981 Provenzano e Riina scatenano la cosiddetta “seconda guerra di mafia”, con cui eliminano i boss rivali e insediano una “Commissione”, composta solo da capi mandamento che sono loro fedeli.
Provenzano partecipa alle decisioni e all’organizzazione di numerosi omicidi. Nel 1993, durante una riunione a Villabate, si decide che sia Bernardo Provenzano che Leoluca Bagarella ricevessero l’incarico di reggere insieme il mandamento di Corleone. Dopo l’arresto di Bagarella nel 1995, Provenzano dà il vita a un nuovo corso in Cosa Nostra.
Quando avviene l’arresto di Bernardo Provenzano?
Le indagini che portano all’arresto di Bernardo Provenzano si incentrano sull’intercettazione dei “pizzini“, cioè i biglietti con i quali comunica con la compagna e i figli, in nipote e il resto del clan. I poliziotti della squadra mobile di Palermo, guidati da Giuseppe Gualtieri e dal dirigente della Squadra Catturandi Renato Cortese, riescono a identificare il luogo in cui si rifugia.
Una volta individuato il casolare, gli agenti monitorano il luogo per dieci giorni, attraverso microspie e intercettazioni ambientali, per avere la certezza che all’interno ci sia proprio Provenzano. L’11 aprile del 2006 le forze dell’ordine decidono di eseguire il blitz e l’arresto. Bernardo Provenzano conferma la propria identità, lo portano alla questura di Palermo.
Il casolare è arredato in modo spartano, con il letto, un cucinino, il frigo e un bagno. Sono presenti anche una stufa e la macchina da scrivere, con la quale il boss compilava i pizzini. In seguito al blitz, le forze dell’ordine portano Provenzano alla questura di Palermo. Passa poi al supercarcere di Terni, al regime del 41-bis.
Carcere, malattia, morte di Provenzano
Dopo un anno di carcere a Terni, si decide il trasferimento a Novara. Dal carcere di Novara tenta più volte di comunicare in codice con l’esterno, quindi viene applicato, oltre al 41-bis, il regime di “sorveglianza speciale“, con ulteriori restrizioni. Nel 2011 trova conferma la notizia che Provenzano è affetto da un cancro alla vescica. Si decide di trasferirlo dal carcere di Novara a quello di Parma. Qui, nel maggio del 2012, tenta il suicidio.
Nel luglio dello stesso anno la Procura di Palermo, sotto Antonio Ingroia e in riferimento all’indagine sulla trattativa Stato-mafia, chiede il rinvio a giudizio di Provenzano e di altri undici indagati accusati di concorso esterno in associazione di tipo mafioso e “violenza o minaccia a corpo politico dello Stato”.
Nel luglio del 2013 la procura di Palermo dà il via libera alla revoca del regime dell’art. 41-bis a cui Provenzano è sottoposto, motivandola con le condizioni mediche. A causa dell’aggravarsi delle stesse, il 9 aprile del 2014 avviene il ricovero all’Ospedale San Paolo di Milano.
Nell’estate del 2015 la Cassazione riconferma il regime del 41-bis presso il carcere di massima sicurezza dell’ospedale milanese, respingendo l’istanza dei legali di spostare Provenzano nel reparto riservato ai detenuti ordinari, in regime di detenzione domiciliare.
Bernardo Provenzano muore all’ospedale San Paolo di Milano il 13 luglio del 2016, all’età di 83 anni. Compagna e figli scelgono di farlo cremare a Milano. Traslano poi l’urna cineraria al cimitero di Corleone, dove è tumulata nella tomba di famiglia.