Si narra che nelle zone umide della campagna in provincia di Caltanissetta viva la biddrina. Ma cosa è la biddrina? Si tratta di un animale mitico, che appartiene al mondo delle leggende siciliane. A quanto pare, il termine biddrina deriverebbe da una parola araba, che indica un grosso serpente d’acqua. Stando ad altre fonti, invece, potrebbe originare da “belluino”, cioè “bestiale”. In alcune zone della Sicilia si chiama Culobbia o Culofia. Questo rettile avrebbe un colore tra il verde e il blu, gli occhi rossi e una bocca talmente grande da consentirgli di ingoiare capretti, agnelli e bambini. Spesso viene descritta come una grandissima biscia, come un’idra o, addirittura, come un incrocio tra un drago e un coccodrillo. È dotata di una corazza robusta, fatta di squame luminose, che la rende praticamente indistruttibile.
Leggenda vuole che una biscia che rimane nascosta per sette anni si tramuti in biddrina, diventando gigantesca. Si tratta di una serpe ammaliatrice, che vive nascosta presso fonti e paludi e riesce ad attirare i malcapitati che passano, con il suo sguardo. L’invenzione di questa creatura sarebbe legata alla necessità di tenere i bambini alla larga dei laghetti paludosi, per il pericolo di annegare. L’habitat della biddrina sarebbe a Montedoro, in provincia di Caltanissetta, in un luogo paludoso, alimentato dalle acque sulfuree della vicina miniera di zolfo. Nei pressi di Riesi sarebbe stata avvistata in alcune grotte e nell’immaginario collettivo vive nei paesi del circondario, come Sommatino, Canicattì, Campobello e Marianopoli.
A Butera, alla vigilia della festa di San Rocco, si usa portare in giro per le strade “u sirpintazzu”, uno spauracchio in cartapesta simile al drago della tradizione cinese, proprio per ricordare l’uccisione di una biddrina che infestava una contrada, uccidendo bestiame e selvaggina e impedendo ai contadini di coltivare le terre. Si narra anche che una biddrina sarebbe stata uccisa a Cammuto: qui è stata scolpita in una fontana, con la data dell’evento. Altre sarebbero state uccise nella contrada Cosciu e da alcuni pastori nella vallata sotto il monte Saraceno.
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