Esplorando la Sicilia si scoprono luoghi che non ti aspetti. Veri e propri gioielli che lasciano senza fiato con i loro colori, la loro storia, le loro caratteristiche. Tra questi luoghi c’è sicuramente un fazzoletto di terra antistante il Santuario della Madonna dell’Olio di Blufi (Palermo). Qui, ogni anno, nel mese di marzo nascono tantissimi tulipani rossi, che conferiscono al paesaggio delle tinte e un’atmosfera da fiaba. I fiori crescono in modo del tutto spontaneo, su un campo di grano, ulivi e mandorli. In tanti, ogni anno, decidono di visitare il campo di tulipani a Blufi. Scopriamo insieme questo luogo e tutte le sue curiosità.
Prima di iniziare la nostra visita, dobbiamo fare una importante introduzione. Questo splendido campo di tulipani rossi va protetto e trattato con rispetto. Alcuni visitatori indisciplinati pensano sia giusto strappare i fiori: un gesto inutile e dannoso. Se decidete di visitarlo, abbiatene cura. Amare la Sicilia vuol dire anche questo. Detto questo, possiamo proseguire con la nostra visita ai tulipani rossi di Blufi. Si tratta di tulipani precoci (tulipa raddii), con origine ignota. Si può coltivare o può crescere spontaneamente. Il colore rosso è davvero acceso e sta benissimo con i verdi prati delle Madonie. Ad accrescere il fascino di questi luoghi è una bella leggenda. Ve la raccontiamo subito.
Si narra che, una volta, una coppia di giovani sposi si recò al Santuario della Madonna dell’Olio per chiedere la grazia di un figlio. Sull’altare posero dei tulipani bianchi, come omaggio alla Vergine. Quei tulipani candidi, al cospetto della Madonna e con le loro preghiere, divennero rossi. La coppia ebbe due gemelli e, per ringraziare la Vergine, tornò a Blufi in un giorno di febbraio. Il Santuario era chiuso, ma il campo lì davanti era ricoperto da una distesa di fiori dal colore fiammeggiante. Avevano riempito lo spazio antistante il sagrato. Ovviamente questa è una leggenda, ma è comunque interessante conoscere anche questo aspetto dei tulipani di Blufi. La foto in evidenza è di Guglielmo Francavilla.