Caltagirone cosa vedere e perché visitare la splendida città della provincia di Catania, famosa per le sue ceramiche. Scopriremo insieme per cosa è famosa Caltagirone, cosa rende unica la Scalinata di Santa Maria del Monte e cosa mangiare.
Per oltre due millenni, questa città è stato un punto strategico per i popoli delle piane di Catania e Gela. Oggi rappresenta una meta per le vacanze in Sicilia molto ambita. Il centro storico è stato insignito del titolo di Patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 2002, tra le città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud orientale).
La ceramica di Caltagirone è famosa in tutto il mondo ma questa è solo una delle tante attrattive che si trovano qui. Per oltre due millenni, questi luoghi sono stati un punto strategico di controllo per Bizantini, Arabi, Normanni e genovesi. La sua posizione, su tre colline diverse, le regala una vista spettacolare.
Scoprire cosa vedere a Caltagirone è un modo per conoscere meglio la storia di un passato che ha lasciato numerose tracce ancora visibili.
Non è facile risalire all’origine del nome. La prima parte, proviene sicuramente dall’arabo qalʾat (قَلْعَة) che significa castello, fortezza o rocca, così come accade per molti altri comuni siciliani (Calascibetta, Calatafimi, Buscemi). Nel Basso Medioevo il nome latino era Calatagironum.
Per quando riguarda la restante parte, secondo alcuni studiosi potrebbe trattarsi dell’arabo al-ḡīrāni (الْغِيرَانِ) cioè “castello delle grotte“. Altri lo riconducono, invece, con minor probabilità, a al-ḵinzīri (الخنزير) cioè “rocca dei maiali o dei cinghiali”.
Ancora, secondo alcuni il nome deriva da un adattamento della denominazione del centro abitato ai tempi della Magna Grecia tra arabo e greco antico, cioè da “qalʾat al Gelôn” (rocca dei gelesi).
Fin dall’antichità, grazie alla sua posizione privilegiata, fu una località molto ambita. I primi insediamenti stabili nel territorio dell’odierna Caltagirone risalgono alla preistoria. Scavi archeologici hanno dimostrato la presenza dapprima dei Greci e successivamente dei Romani nel territorio.
Il popolo di Caltagirone produceva terrecotte già dieci secoli prima di Cristo. Un bellissimo cratere attico del V secolo, conservato nel Museo Regionale della Ceramica, rappresenta la scena di un vasaio al tornio.
La città trovò nuovo vigore con gli arabi, a partire dal nome Qal’ at al Gharùn che significa “Rocca delle Giare”, in riferimento alla lavorazione dell’argilla. L’espansione vera e propria dell’abitato e il fiorire della sua economia avvennero comunque durante il periodo normanno.
Nel XIII secolo Caltagirone partecipò alla rivolta contro gli Angioini nei Vespri siciliani. In seguito allo sviluppo dell’artigianato e del commercio, legati alla produzione della ceramica, nacque una classe di ricchi commercianti che si stabilirono qui provenendo anche da altre parti d’Italia.
I secoli XV e XVII furono l’epoca aurea della Città della ceramica, che allora si arricchì di chiese, istituti, collegi e conventi. Nacque pure l’università nella quale si insegnavano giurisprudenza, filosofia e medicina, nonché un ospedale. Il 1693 è l’anno che segna una radicale svolta per Caltagirone come del resto per l’intera Sicilia orientale.
Un catastrofico terremoto la rase al suolo insieme ad altre dieci città: il fatto costò la vita a circa 100.000 persone. La città nell’arco di circa dieci anni venne ricostruita con un volto barocco, quello che ancora oggi sostanzialmente conserva nel suo centro storico.
Scalinata di Santa Maria del Monte – Costruita nel 1606, collega la parte antica di Caltagirone a quella nuova, costruita nella parte alta. È lunga oltre 139 metri e conta 142 gradini. In origine era costruita a sbalzi ma, nel 1844, vennero unificate le rampe, dando vita agli splendidi gradini decorati con mattonelle di ceramica.
Museo della Ceramica – Raccoglie circa 2.500 reperti di ceramiche realizzati in Sicilia a partire dal IV millennio a.C. fino all’età contemporanea. L’esposizione è ospitata in un edificio anni 50 in stile Liberty, con all’ingresso due imponenti scalinate di enorme fascino.
Villa Comunale – Vi si accede sia da via Roma, dove si trova l’ingresso principale a fianco del Teatro Politeama, che dal viale principessa Maria José. Il giardino è costruito su modello dei parchi inglesi, ed è caratterizzato dall’ingresso in stile liberty, e da un lungo viale interno, dove si possono ammirare vasi in terracotta, maioliche e terrecotte ornamentali.
Cattedrale di San Giuliano – La chiesa risale all’epoca normanna. Nonostante abbia subito numerosi rimaneggiamenti durante i secoli, a causa dei danni dei terremoti, si mantiene molto bene. All’interno ci sono 3 navate, separate da un colonnato, con archi affrescati.
Chiesa Matrice dedicata a Santa Maria del Monte – Sorge nella parte più antica della città, proprio in cima all’omonima scalinata. È stata più volte danneggiata e riedificata. Custodisce la Sacra Immagine della Madonna di Conadomini, cara ai cittadini, che esprimono la loro devozione nel mese di maggio interamente dedicato al culto di Maria.
Nel cuore del centro storico di Caltagirone si trovano l’ex Palazzo Senatorio e l’ex Monte di Pietà. Intorno, sono sicuramente interessanti il palazzo Crescimanno d’Albafiorita, gli edifici in stile Liberty e la chiesa del Collegio dei Gesuiti. Ancora, troviamo la Corte del Capitano di Giustizia, il palazzo Guttadauro di Reburdone e Maggiore di Santa Barbara.
Non possiamo, naturalmente, elencare tutte le chiese e i conventi che un tempo esistevano a Caltagirone. Per godere della sua bellezza, basta fare un giro lungo le sue viuzze, denominate “carruggi“.
La città ha una ricchissima tradizione gastronomica, con eccellenti specialità che rimandano a diversi periodi storici. Uno degli ingredienti più ricorrenti nella cucina di Caltagirone è il finocchietto selvatico, chiamato finocchiettu rizzu.
Il “Maccu Verde” è una specialità a base di fave fresche cotte in umido: creano una crema, aromatizzata in molti modi. A dicembre è un trionfo di muffulette, panini tondi e preparati con finocchietto selvatico o semi di finocchio.
Altro protagonista è la “giuggiulena“, cioè il sesamo, ingrediente fondamentale della Cubbaita, una sorta di torrone con mandorle e arancia candita. A proposito di dolci, non perdetevi i “Panareddi”, diffusi soprattutto nel periodo pasquale. Sono biscotti a forma di ceste.
Foto di Rino Porrovecchio, CC BY-SA 2.0.