Non si parla spesso del cane di Mannara. Questa antica razza canina siciliana vanta una lunghissima storia ed è anche assai preziosa. Gli esemplari originali ancora esistenti, infatti, non sono molti. Si concentrano soprattutto nelle zone montane di Nebrodi e Madonie. Sicuramente più diffuso, invece, è l’utilizzo comune della denominazione “cani u mànnira”, per indicare un cane meticcio senza pedigree, che non appartiene ad alcuna razza. Come abbiamo anticipato, si tratta di una razza da proteggere e tutelare: basta leggerne la storia per capire perché. Insieme al Cirneco dell’Etna, infatti, è considerata la razza italiana più antica. Il suo nome deriva dai tradizionali recinti delle pecore, chiamati “mannere”.
Le origini del cane di Mannara risalirebbero addirittura all’Età del Bronzo. La prima citazione di un cane di tipo molossoide simile al pastore siciliano è presente negli scritti di Ninfodoro di Siracusa (IV – III secolo a.C.). Nel suo De natura animalium, fa riferimento a cani sacri presenti numerosi nei pressi del tempio di Adrano e del suo boschetto, che “superano in grandezza e bellezza i cani molossi“. E ancora “durante la notte (…) essi accompagnano con grande benevolenza, a guisa di guida e scorta, quelli già ubriachi e coloro che non si reggono in piedi lungo il cammino, riconducendoli ciascuno alla propria casa. Fanno però espiare il giusto castigo a coloro che, nell’ubriachezza commettono empietà: Difatti li assalgono e lacerano la loro veste, e tal punto li fanno rinsavire. Ma sbranano in maniera crudelissima coloro che provano a rubare”. Si hanno notizie concrete della sua esistenza in alcuni libri popolari di Luigi Natoli quali I Beati Paoli o La vecchia dell’aceto.
La sua conservazione, da secoli, è stata affidata ai pastori siciliani, che ne hanno preservato, almeno fino al 1935, le sue tipicità morfologiche, caratteriali e attitudinali. Nel 1935, con la scomparsa ufficiale del lupo dalle terre siciliane, ha avuto inizio la decadenza inesorabile per questa antica razza, che subisce negli anni anche la moda dei cani “esteri”, con cui spesso è stata incrociata. Il fatto che non vi sia stato un tempestivo riconoscimento ufficiale della razza ha reso sì che le possibilità di recuperarla si sia ormai ridotta ad una speranza di difficile realizzazione.
Il cane di mannara è un cane da lavoro, resistente alle malattie e agli sbalzi termici tipici della Sicilia, perfettamente adattato alla vita delle campagne siciliane poco adatto ad una vita sedentaria e in un condominio. I pochi esemplari ancora esistenti sono il frutto di una selezione che nei secoli ha privilegiato le doti pratiche e funzionali piuttosto che quelle estetiche. Nel 2014 l’ENCI (Ente nazionale di cinofilia italiana) ha concesso il Registro Supplementare Aperto (R.S.A.) per la razza denominandola Mastino Siciliano ed ha autorizzato raduni riconosciuti dall’ente stesso per l’iscrizione dei soggetti capostipiti. Attualmente due associazioni si stanno interessando alla tutela della razza: Samannara e il Club del Pastore Siciliano. È diventata una razza riconosciuta dal 2017 dalla FCI, facente parte del gruppo delle razze italiane canine estinte o in via di estinzione.