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I cantastorie siciliani in egual modo come i loro colleghi, giravano la Sicilia in lungo e in largo, li si notava soprattutto nelle grandi festività, nelle fiere, nei momenti di raccolta del grano o in altre occasioni come queste, quando la gente era più disponibile e poteva contribuire economicamente alla loro sussistenza. Intorno alla fine dell’ottocento non vi era angolo della Sicilia che questi non avesse raggiunto.

Esiste una particolarità siciliana nel quadro nazionale, si tratta di una specifica tradizione etno-musicale per la presenza di alcuni grossi caposcuola, che si sono posti come modelli di riferimento, creando delle forme emulative, in un certo senso quello del cantastorie siciliano è un istituto culturale, una maniera di cantare più meridionale che appartiene alla tradizione melodica, che spesse volte prende anche a prestito altre forme culturali, creando dei ricambi che sono fondamentali nella tradizione orale.

I potenti, l’amore, storie di omicidi passionali, avventure di eroi, erano i loro temi favoriti, e loro, specchio fedele di umori e gusti del pubblico, ben sapevano interpretare quell’immaginario difficile da acquisire altrimenti, dato che ancora pochi sapevano leggere e scrivere; anch’essi vivevano delle offerte degli spettatori o dalla vendita di foglietti con la storia raccontata. Si racconta che uno di questi cantastorie Cicciu Busacca, fermava la recita sul più bello, fin quando non erano stati venduti tutti e la gente li acquistava e li faceva acquistare agli amici, pur di conoscere il finale di quella storia.

I cantastorie siciliani tramandano la vecchia cultura Siciliana che vede nel bandito l’eroe popolare, nel delitto d’onore un gesto eroico, nel traditore ed infame l’essere reietto da odiare, una vecchia cultura popolare fortunatamente scomparsa con il cambiamento e la crescita culturale della società, ma che in egual modo ha portato via quell’aspetto “poetico-passionale” proprio della Sicilianità.
Alcune di queste storie erano delle vere e proprie telenovelas diremmo oggi, poiché i cantastorie con la loro maestria spezzettando, aggiungendo nuove parti o manipolando addirittura fatti della storia per allungarla, creavano delle vere e proprie puntate, dando appuntamento ad altri giorni alla gente che li ascoltava, che puntualmente al loro ritorno era li presente che li aspettava.

In un secondo tempo con l’avvento della discografia, i foglietti vennero sostituiti da dischi e musicassette (alla fine degli anni 60) e spesso e volentieri i cantastorie non cantavano più con la loro voce in diretta ma si esibivano in playback adoperando la mimica e la gestazione nella rappresentazione che forse è stata la causa del disinnamoramento e della delusione della gente, poiché veniva a mancare, la forza, la “verve” la comunicazione, la componente teatrale.

I primi dischi che si incisero furono i 78 giri, poi si passò ai 45, seguirono le musicassette e oggi i C.D., che alcuni cantastorie come il Barcellonese Fortunato Sidoti ha inciso di recente.

I più famosi Cantastorie Siciliani

I cantastorie più famosi Siciliani in ordine cronologico furono: Gaetano Grasso di Paternò (CT), Paolo Garofalo, di S.Cataldo (CL) e Orazio Strano di Riposto (CT) pionieri e caposcuola dei cantastorie.
La prima storia che scrisse e che rappresentò Paolo Garofalo fu “U surdatu e la fantasma” scritta da Pietro Parisi in collaborazione con Gaetano Grasso con il quale aveva iniziato a girare le piazze, ma mettendosi non molto tempo dopo in proprio.
Abbiamo delle notizie vaghe che ci informano che Garofalo rappresentava questa sua storia senza il cartellone.

Orazio Strano (19/09/1904 – 16/12/1981) di Riposto (CT), caposcuola e autorità indiscussa, uno dei più grandi cantastorie siciliani, era paralitico ma questa sua condizione non gli impediva di spostarsi di città in città; si esibiva seduto sul carrozzino accompagnandosi con la sua inseparabile chitarra e alle volte con un mandolino. La sua carriera inizia nel secondo dopoguerra, narrando e cantando vicende e fatti realmente avvenuti di gente umile costretta a sopportare gli avvenimenti ed il fato avverso, compose la prima versione di “la storia di Salvatore Giuliano”.
Ha scritto anche molte canzoni e filastrocche ed ha collaborato con Rosità Caliò, una delle poche cantastorie siciliane al femminile.

Seguirono: Enrico Belladonna di Catania, Luciano Palmeri di Paternò (CT) e dopo circa 4 anni si affermarono: Ciccio Busacca, di Paternò (CT), Paparo Francesco detto Rinzinu, di Paternò (CT), e Vito Santangelo di Paternò (CT) che iniziò la sua attività facendo da spalla a Garofalo, come ci fa sapere lui stesso in una sua raccolta autobiografica di prossima uscita “La mia vita di cantastorie”, che sarà edita dalla nostra Associazione.
La prima storia che scrisse Vito Santangelo fu “la madre assassina” del 1958 e il cartellone fu disegnato e realizzato da Salvatore Silipoti cognato di Vito che si dilettava a dipingere; queste furono le prime storie in assoluto ad essere registrate su disco e vendute.

Ancor ora sulla breccia e sempre disponibile Vito Santangelo è ormai diventato un mito, collabora con noi da più di tre anni; (l’8 Luglio 1999 dopo essere stati contattati dalla Televisione Nazionale Giapponese N.H.K. che stava girando un documentario sulle tradizioni popolari nel mondo, e che avevano notato la nostra Associazione su Internet, abbiamo realizzato a Paternò un filmato che vedeva il cantastorie Vito Santangelo esibirsi nella piazza del paese).

In un secondo tempo o di II° generazione sono: Franco Trincale di Militello Val di Catania che ancora si esibisce a Milano; Peppino Castro di Dattilo (TP), che a Torino dove lavorava ha fondato una associazione per la conservazione delle tradizioni popolari siciliane per gli emigrati in Piemonte, oggi ritornato nel suo paese si esibisce ancora con il suo repertorio classico; Saru Cavagna di Niscemi (CL) che gira ancora i paesi siciliani in occasione di Fiere o feste Patronali, con i suoi cartelloni e con l’aiuto del fratello.

Nonò Salamone di Sutera (CL), uno dei cantastorie e cantori più rappresentativi, che ha divulgato e fatto conoscere a Torino dove lavora, come in tutto il resto d’Italia ed all’estero, la figura del cantastorie, i canti, le tradizioni, i drammi, le passioni e le bellezze della nostra terra. Ha collaborato con i più grandi, come Cicciu Busacca, Rosa Balistreri (con la quale ha fatto diverse tournèe) e Ignazio Buttitta per il quale ha scritto le musiche di diverse sue composizioni, in particolare due, a lui molto care “U lamentu pi la morti di Salvatore Carnevale”e “Lu Trenu di lu Suli ” cantate poi da tutti i cantastorie.

Fortunato Sindoni di Barcellona (ME), inizia la sua “carriera” di cantastorie negli anni 70 quando emigrante in Germania scopre i testi, le musiche e la vita di Woody Guthrie, folk singer Americano, che con la musica e le sue ballate, cantate per lo più nelle fabbriche e nelle campagne, fece emergere la condizione politico sociale degli operai di quell’epoca, creando una vera e propria presa di coscienza di classe e rivendicando i diritti dei lavoratori. Laureato in Lingue e Letteratura Straniera comincia a frequentare il meglio della cultura popolare siciliana conoscendo i più grandi Cantastorie siciliani e non. Collabora con Ignazio Buttitta e Turiddu Bella musicando e cantando le loro poesie e le loro storie, percorrendo con loro l’Italia e compiendo anche tournée all’estero. Ha scritto una lunga e toccante storia sulla vita di Rosa Balistreri, (il cartellone fu realizzato dal Pittore Paolo De Pasquale).
Ad esso, si deve anche una innovazione, il fatto di aver usato al posto del tradizionale cartellone per la narrazione delle storie, un proiettore di diapositive, con il risultato che i quadri si possono vedere da lontano, e le pitture risultano molto realistiche e avvolgenti.

Antonio Tarantino di Palermo operante nel campo della musica popolare siciliana, finalizzata alla ricerca ed alla riproposta di canti trascritti tra la fine del ‘700 e i primi del ‘900, curando una “Raccolta di Canti Popolari Siciliani”; esibendosi proprio come facevano i cantastorie di un tempo.

La prima Casa Discografica a registrare e stampare i primi dischi dei cantastorie siciliani, fu la Universal di Napoli di proprietà di Esposito nel 1962/63, “U surdatu e la fantasma” di Paolo Garofalo e “la madre assassina” di Vito Santangelo.
Una delle storie che ebbe più successo e che fece molto discutere fu “La Storia di Salvatore Giuliano”, della quale esistono diverse versioni.

Di Angelo Clemente – http://www.irsap-agrigentum.it/

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