La primitiva fortuna di Favara è stata segnata dal Palazzo fortificato che la famiglia Chiaramonte vi edificò dopo la prima metà del secolo XIII, forse integrando e adattando delle fabbriche più antiche.
Il nome della città, in origine un casale musulmano sotto la signoria di un tale Hibn-Hawwasci, è arabo (Fawa-warah) e significa "sorgente d'acqua".
L’attuale Comune si è sviluppato attorno al fortilizio chiaramontano, una tipica costruzione militare del periodo svevo, costruita su uno sperone di roccia, circondata da ogni parte dalle congerie delle casupole dei villani.
Il castello -così è comunemente chiamato il palazzo-, per la sua disposizione in quadrato dei corpi di fabbrica, richiama lo schema tipico dei castelli svevi sorti in Sicilia orientale e si può facilmente paragonare ai "palacia" o "solacia" fatti costruire dal re Federico II di Svevia (1194-1250) in Sicilia ed in Puglia circa 50 anni prima.
Questo suo parziale uso a residenza non strettamente militare, d’altronde, è dato anche dalla ubicazione poco elevata del maniero che si presenta con un primo ordine compatto ed un secondo traforato da bifore, talune sostituite, in età rinascimentale da finestre architravate.
Secondo alcuni studiosi il castello, ‘grandioso edificio quadrato che guardato da lontano dà l’idea di una inespugnabile fortezza’, comprendeva un altro forte vicino, cinto da merli, munito, agli angoli, da quattro torri, l’ultima delle quali sarebbe stata demolita nel 1820 assieme a parte della cinta merlata. Il palazzo sarebbe addirittura inserito "nell’orbita delle fortificazioni della rocca sfruttandone l’indirizzo icnografico".
Questi nuclei fortificati, assieme alle varie cortine difensive, ricollegabili al periodo svevo-angioino, garantivano al palazzo chiaramontano una fitta linea di sicurezza, difficilmente penetrabile.
Il Castello ha mura alte e assai spesse, con numerose strette feritoie su tutti e quattro i lati.
I locali al piano terra del castello, una volta adibiti a magazzini, scuderie e abitazioni della servitù, sono tutti con volte a botte.
Si aprono tutti quanti sul cortile, con porte archiacute, con integrazioni del ‘500, '700 e '800, e prendono luce dalle strettissime feritoie che internamente si allargano in finestre archiacute.
Vari stipi murali, della stessa foggia delle finestre, si aprono su quasi tutte le pareti interne e spesso in maniera modulare.
Il primo piano presenta una grande incoerenza strutturale e distributiva, dovuta principalmente agli interventi prima medievali e poi rinascimentali che hanno turbato l’originaria unità ed alla conseguente aggiunta del ballatoio esterno in pietra probabilmente nel '700, ma originariamente sicuramente in legno ed ammissibile ad un porticato. Singolare era l’ambiente a sud-est attiguo alla cappella, in origine coperto da una volta a crociera costolana.
La loggia del primo piano è coperta da volta a botte, impreziosita in prossimità dell’imposta, da vari fregi plastici di epoca chiaramontana che aggettano sul filo dei muri di piedritto.
Una leggenda narra di un cunicolo che univa il Castello al monte Caltafaraci al cui interno viveva
una gallina che faceva le uova d'oro. In effetti sotto la corte del Castello, è visitabile, con accesso al giardino, un misterioso cunicolo.
Fonte: http://www.icastelli.it/regioni/sicilia/agrigento/favara.htm
Foto da: http://sicilia.indettaglio.it/