La storia della Sicilia è stata scritta anche dai suoi tantissimi castelli. Anche se di alcuni di essi sopravvivono oggi soltanto i ruderi, scoprirli è un modo per conoscere più a fondo la nostra terra. Oggi ci fermiamo a Calatafimi Segesta, al Castello Eufemio. La prima curiosità che dobbiamo soddisfare è quella relativa al nome: sapete perché si chiama proprio così? A quanto pare, il nome vuol dire “Castello di Fimi” o “di Eufemio“, che sarebbe stato un nobile agricoltore proprietario del sobborgo “Longarico” (l’odierna Alcamo). Secondo altre fonti Eufemio sarebbe stato colui che permise l’invasione dei Saraceni e diede il nome all’odierna Calatafimi (Kalat-al-Fimi). L’edificio, che risale al 1200, sorge sui ruderi di un castello più antico posseduto da Diocle detto “Phimeis”, da cui il nome dell’attuale Calatafimi. Detto questo, passiamo a un po’ di storia.
A quanto pare, un tempo era uno dei siti fortificati a difesa e controllo delle vie di accesso a Segesta. Se ne hanno notizie scritte soltanto a partire dal XII secolo, quando il viaggiatore e geografo arabo Idrisi lo ha descritto come “castello antico” con un “borgo popolato”. Durante il XIII secolo è stato utilizzato dalle truppe di Federico II per combattere i musulmani, che avrebbero avuto un caposaldo nel vicino villaggio di Calatabarbaro (in cima all’acropoli di Segesta). Proprio in quel periodo, sarebbero avvenuti alcuni restauri. In seguito fu dimora dei feudatari di Calatafimi e dei governatori che l’amministravano in nome della corona. Nel 1282, durante la rivolta del Vespro, in esso probabilmente dimorava il suo feudatario Guglielmo Porcelet. Questi, amato dai suoi sudditi, fu risparmiato e mandato incolume insieme alla sua famiglia in Provenza. Fino al 1868 il Castello fu presidio militare e prigione. Iniziò poi il suo lento degrado. È il momento di scoprire la struttura dell’edificio.
Il Castello Eufemio ha una forma trapezoidale. Fu costruito in muratura, con pietrame misto delle cave del posto, e rinforzato con pietra da taglio nei punti nodali. All’esterno sono ancora riconoscibili le torri quadrangolari, unite da una cortina muraria. Per quanto riguarda gli spazi interni, si individuano a sinistra tre celle di carcere e un fabbricato composto da piano terra e primo piano. Sulla destra ci sono altri edifici sono simili per tipologia, anche se più grandi. Di fronte si trova il corpo di fabbrica dedicato un tempo alla chiesetta dell’Annunziata. Un’ampia galleria con archi acuti e volta a botte con funzione di carcere e di cisterna corre per quarantadue metri sotto gli edifici del muraglione di ponente.
Foto: CC BY-SA 3.0
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