Castello Maniace è una delle più importanti fortezze siciliane della storia di Siracusa.
Strategicamente posto in difesa del Porto Grande, è una costruzione sveva del 1232.
Il castello è una poderosa struttura a quadrilatero, lunga 51 metri per lato e alta 12. Ai quattro angoli della costruzione svettano quattro torri cilindriche, ed è oggi tutt’ora accessibile.
Venne costruito a difesa del porto di Ortigia, probabilmente sulle vestigia di un’antica opera in muratura difensiva d’epoca greca e della cosiddetta “Torre Maniace”, una struttura bizantina voluta dal generale Giorgio Maniace, all’epoca della sua riconquista della città.
Dopo l’ingresso, si giunge presso un cortile dove si trova un ponte, costruito in sostituzione dell’antico ponte levatoio ligneo, e una porta, con colonne laterali, del XVI secolo. La facciata principale è orientata verso Ortigia, i lati a nord-est e a sud-ovest rimasero a picco sul mare fino al Cinquecento, periodo in cui gli spagnoli eressero i due contrafforti.
Di grande pregio artistico-architettonico è il portale marmoreo incastonato tra una serie di colonnine marmoree con capitelli decorati a foglie uncinate; ancora visibili sono le quattro figure zoomorfe, disposte a due a due, l'arco inferiore con motivi floreali, e lo stemma imperiale del XVII secolo, posto a completamento dell'ogiva.
Il sito venne dedicato in memoria del condottiero bizantino Giorgio Maniace, che riconquistò la città, caduta in mano agli Arabi, nel 1038 (seppur per un breve periodo). In seguito infatti, gli Arabi ripresero il controllo di Siracusa che tennero fino alla cacciata dei Normanni, nel 1087. Il maniero così conosciuto, fu opera di Federico II di Svevia, che ne affidò la realizzazione all'architetto Riccardo da Lentini. Passato agli Angioini nel 1266, venne assaltato ed espugnato dai siracusani nel periodo dei Vespri. Nel 1302, fu usato per la firma dell’armistizio tra Ferdinando d’Aragona e gli Angioini; divenne Camera Reginale nel 1305, titolo che mantenne fino a tutta la prima metà del Cinquecento, e nel 1321 ospitò la seduta del Parlamento Siciliano che sancì il passaggio dell’eredità aragonese da Ferdinando III al figlio Alfonso III.
Dopo il 1536, il castello divenne esclusivamente costruzione militare, e per tutto il secolo XV°, adibito a prigione. Nel 1535, l’ingegnere militare Ferramolino da Bergamo, per volere del viceré Ferdinando Gonzaga, operò una serie di lavori di costruzione di nuove fortificazioni, e il rafforzamento di quelle già esistenti. Il 5 novembre 1704, il maniero venne fortemente danneggiato dall’esplosione della polveriera. Negli anni seguenti, sei delle otto volte distrutte vennero demolite, disponendo così i lavori per l’ampiamento del cortile e la costruzione dei magazzini.
In epoca napoleonica vennero approntate delle bocche di fuoco: il castello riassunse la sua funzione originaria di difesa, e così vi rimase fino alla Seconda Guerra Mondiale. Dopo un lungo lavoro di restauro e la chiusura della ex Caserma Abela, il monumento è tornato ai cittadini sotto la Soprintendenza dei Beni Culturali di Siracusa; dal 2001 ospita l’Ortigia Festival e dal 22 al 24 aprile 2009 è stata sede del cosiddetto “G8 ambientale”.
Una curiosità: si dice che posti all’entrata vi erano i due arieti in bronzo, oggi custoditi presso il Museo Archeologico Regionale di Palermo “Antonio Salinas”. Si pensa risalgano al III secolo a.C., e sono l’unico esempio, assieme all’Efebo di Selinunte conservato presso il museo civico di Castelvetrano, di statua in bronzo d’epoca classica, ritrovata sul suolo siciliano. Si dice che Maniace li fece arrivare al Castello, di ritorno dal suo viaggio presso Costantinopoli, ma che vennero ceduti in premio dal viceré Lopes Ximenes de Urrea, al capitano generale Giovanni da Ventimiglia, conte di Geraci, che li portò seco a Castelbuono, in provincia di Palermo, alla fine del Quattrocento. Alla morte del padre, furono posti dal figlio Antonio, presso la sua sepoltura, come ornamento.
Autore | Enrica Bartalotta