Secondo la leggenda, Sant’Agata è una giovane di ricca famiglia, vissuta nel III secolo nei pressi di Catania, secondo altri, nella città di Palermo. Infatti la Santa è una delle quattro protettrici della Città Felicissima, caput regni et sedis regis della Sicilia, ben prima di Santa Rosalia. Ma i documenti relativi al martirio, narrano però che Sant’Agata fosse di Catania. Secondo i numerosi testi che sono arrivati a noi a testimonianza del processo, Agata rispose a Quinziano dicendo: "Io non solo sono libera di nascita, ma provengo anche da nobile famiglia, come lo attesta tutta la mia parentela"; con queste parole Agata dichiara che tutta la sua parentela era presente e residente a Catania, quindi dà a intendere che anch’essa lo fosse, fin dal giorno della sua nascita. Il secondo punto è quello relativo all'apparizione dell'Angelo che, nel momento in cui il cadavere della Santa viene seppellito, depone nel sepolcro una lapide di marmo che recita: "anima santa, onore di Dio e liberazione della sua Patria"; a tal proposito, si considera l’evento per cui, a un anno appena dalla morte, la lava dell'Etna che stava invadendo Catania, si ferma, risparmiando la città. II terzo punto ha a che fare con la redazione greca, riportata nel manoscritto del Senato di Messina, essa recita espressamente che: "Catania è la patria della magnanima Sant’Agata"; tale testo è di assoluto valore storico, perché risale all'epoca in cui in Catania non era ancora stato eretto alcun tempio in onore della Santa.
Secondo la tradizione cattolica, Sant'Agata si consacrò a Dio all'età di 15 anni circa, ma studi storico-giuridici approfonditi rivelano un'età non inferiore ai 21: prima di questa età, infatti, una ragazza non poteva essere consacrata diaconessa, affermazione supportata dai numerosi documenti della tradizione orale catanese, dai dialoghi che ne attestano il martirio, e dalle raffigurazioni iconografiche ravennate; una diaconessa aveva il compito, fra gli altri, di istruire i nuovi catecumeni alla fede Cristiana, e di preparare i più giovani si Sacramenti.
La leggenda dunque dice che nel periodo fra il 250 e il 251, il proconsole Quinziano, giunto a Catania anche con l'intento di far rispettare l'editto dell'Imperatore Decio, che chiedeva a tutti i Cristiani di abiurare in pubblico, s'invaghì della giovane e, saputo della Consacrazione, le ordinò di rinunciare alla sua Fede. Molto più probabilmente, dietro la condanna di Agata potrebbe esserci l'intento della confisca di tutti i beni della nobile famiglia.
Ma la Santa si rifiutò e non cedette, cosicché il proconsole la affidò per un mese alla custodia rieducativa della cortigiana Afrodisia e delle sue figlie. È probabile che Afrodisia fosse una sacerdotessa di Venere o di Cerere, e pertanto dedita alla prostituzione sacra. Il fine di tale custodia, era la corruzione morale di Agata, attraverso una continua pressione psicologica, per sottometterla ai voleri di Quinziano.
Fallito anche questo tentativo di corrompere la giovane, Quinziano diede avvio ad un processo. Il passaggio dal processo, al carcere, alle violenze fu molto breve. La notte successiva all'ultima violenza, Agata spirò nella sua cella: il 5 febbraio 251.
Il velo di Sant'Agata è una reliquia conservata nella Cattedrale di Catania, in uno scrigno d'argento, dove riposano anche altre reliquie. Secondo una leggenda, il velo fu usato da una donna per coprire la Santa, durante il martirio con i carboni ardenti. In realtà, il cosiddetto ‘velo’, di colore rosso, faceva parte del vestimento delle diaconesse, abito con cui Agata si presentò al processo. Secondo un'altra leggenda il velo era bianco, e diventò rosso al contatto col fuoco dei carboni ardenti. In passato, il velo venne più volte portato in processione per fermare la lava dell'Etna. Si dice infatti che abbia fatto scampare alla città, molteplici eruzioni (del 1169, del 1239, del 1381, del 1408, e altre fino al 1635). Non da ultimo: secondo la leggenda, dopo il violento terremoto del 1693, che provocò diciottomila morti, nessuno volle più ritornare in città. Catania sarebbe diventata una città fantasma se un delegato del Vescovo, non avesse supplicato il popolo a rimanere e a ricostruire, andando in processione dai cittadini con le reliquie della Santa.
Ad Agata sono infatti stati attribuiti diversi miracoli, e la sua figura è inestricabilmente legata a quella delle sorti della città: agli innumerevoli terremoti ed eruzioni che ne hanno interessato il territorio, si vanno ad aggiungere i due casi di peste, del 1576 e del 1743; le reliquie della Santa, portate in entrambi i casi in processione, presso i malati, compirono il miracolo della guarigione.
Sant'Agata è patrona dei Vigili del Fuoco in Argentina, e delle donne affette da patologie al seno, tra cui tumori; forse l’origine di questo tipo di devozione è legato a quelle del suo martirio, con le pinze per il seno prima e coi carboni ardenti poi.
Dal 3 al 5 febbraio, Catania celebra la Santa, in una festa che, come spesso accade, è un misto di fede e di folclore. Controversa è l'origine del tradizionale abito che i devoti indossano nei giorni delle celebrazioni: camici e guanti bianchi e una papalina nera. Una radicata leggenda popolare fa risalire questo evento, a quello del rientro delle reliquie della Santa in città: parrebbe infatti che, in piena notte, i cittadini catanesi, svegliati dal suono delle campane, si riversarono nelle strade in camicia da notte; la leggenda risulta però essere priva di fondamento, in quanto la camicia da notte non venne usata prima del Trecento, mentre la traslazione delle reliquie avvenne nel 1126. Un'altra leggenda afferma che l'abito bianco sia legato al precedente culto della dea Iside. Ma l’ipotesi storica più attendibile, starebbe ad indicare che l'abito votivo altro non è che un saio penitenziale, possibilmente adottato in ricordo dell’abito diaconale della Santa.
Durante la Festa, le reliquie di Sant’Agata vengono portate in processione nel fercolo d'argento posto su un carro, o ‘vara’, anche questo in argento. Legati al veicolo, vi sono due cordoni di oltre 100 metri a cui si aggrappano centinaia di devoti con il Sacco agatino. La vara viene portata in processione insieme a dodici candelore o cannalori, in rappresentanza delle corporazioni degli artigiani cittadini; la folla li accompagna, agitando fazzoletti bianchi tra le grida “Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti”.
Autore | Enrica Bartalotta