Le Cave di Cusa, o Rocche di Cusa, rappresentano un sito archeologico posto in località Campobello di Mazara, presso la provincia di Trapani, nei pressi dell’antica città greca di Selinunte.
Il sito ospitava le cave in pietra calcarea, che vennero con tutta probabilità utilizzate per realizzare l’antico luogo greco di culto, del V-III secolo a.C., situato a pochi chilometri di distanza. Venne intitolato a Vincenzo Tusa, archeologo mistrettese, Soprintendente ai Beni Culturali della Sicilia Occidentale dal 1963, il quale promosse, tra gli altri, anche gli scavi presso Selinunte.
Viene considerato caratteristico e unico nel suo genere, in quanto sembrerebbe, da diversi elementi, che il sito fu abbandonato in fretta e furia dai lavoratori scalpellini, cavatori e operai, quando Selinunte fu attaccata dai Cartaginesi, conseguentemente alla sua caduta, poi distruzione, del 409 a.C.
Presso l’area, è infatti possibile scorgere molto chiaramente, alcuni rocchi di pietra solo abbozzati, altri ancora attaccati al banco roccioso, e altri ancora abbandonati sulla strada per l’insediamento greco; molti di questi presentano ancora, sulla superficie le incisioni circolari che venivano praticate per estrarre le rocce dal banco, prima che venissero preparate dunque per la lavorazione in colonne. In una zona delle Rocche, sono inoltre presenti alcuni capitelli, e le colonne, appena abbozzate, probabilmente destinate al Tempio G di Selinunte, quello con tutta probabilità dedicato ad Apollo.
Oggi, il Parco Archeologico è aperto tutti i giorni della settimana, e, attraverso il pagamento di un biglietto, è possibile visitarne l’intero complesso, incluso quello della città di Selinunte. Presso il sito della città sacra, è stato avviato un restauro conservativo, negli anni Venti e uno negli anni Cinquanta, che ha portato alla ricostruzione, quasi totale, del Tempio E, consacrato ad Era, e di parte dei lati lunghi del Tempio C, posto sull’Acropoli.
Molti degli importanti reperti ricavati dai molteplici scavi che hanno interessato la zona, sono oggi conservati presso il Museo Archeologico Regionale “Antonio Salinas” di Palermo, come i frammenti in terracotta decorata e colorata della trabeazione del Tempio C, così come alcune metope del fregio; due metope tardo arcaiche (datate 500 a.C.), appartenenti al Tempio F, che rappresentano Atena e Dioniso in atto di colpire a morte due Giganti, e il Santuario della Malophòros. Fatta eccezione per l’Efebo di Selinunte, una statua bronzea datata tra il480 e il 460 a.C., alta circa 85 centimetri, e ritrovata in occasione degli scavi archeologici del 1882 in località Ponte Galera, oggi esposta presso il Museo Comunale di Castelvetrano. Essa rappresenta, insieme all’ariete di Siracusa, l’unica opera in bronzo di grandi dimensioni, ritrovata in Sicilia, risalente all’epoca greca.
Autore | Enrica Bartalotta