Il cavolo trunzu è una verdura crucifera dalle caratteristiche uniche. Coltivato da sempre nella provincia di Catania, è protetto dal Presidio Slow Food.
Le sue caratteristiche dimensioni di natura ridotta e il suo colore violaceo da cui si dipartono grossi e lunghi rami, rappresentano gli elementi principali di questo cavolo rapa, già conosciuto nel catanese, agli inizi del Novecento.
Il suo nome deriva dal modo scherzoso con cui venivano denominati e identificati i cittadini di Acireale dagli altri siciliani; visto che ‘trunzu’ sembri derivare dal termine spagnolo che identifica il ‘torsolo’, era un po’ come apostrofare gli jacitani con l’espressione ‘teste di rapa’.
Tradizionalmente, tutte le città che portino il prefisso ‘aci’ nel nome, sono quelle storicamente legate a questo ortaggio, particolarmente nutritivo.
Come tutte le verdure crucifere infatti, anche il cavolo trunzo possiede importanti vitamine e minerali particolarmente utili per la salute di occhi, ossa e dell’apparato digerente. Recenti studi hanno inoltre evidenziato la loro particolare efficacia anti-cancro.
Il cavolo trunzo si coltiva tra maggio e giugno, ma anche tra ottobre e novembre, periodo in cui si ottiene la coltivazione migliore. Ed è proprio in questo periodo che infatti il cavolo catanese si è messo in mostra al Salone internazionale del Gusto di Torino del 2013 e del 2014. L’evento di quest’anno, conclusosi lunedì scorso, ha visto la partecipazione di una delegazione del comune di Acireale, lo chef Rosario Grasso e, a rappresentanza dei produttori, il signor Enzo Pennisi.
Nel corso degli anni, l’area storica compresa tra le città di Acireale, Aci Sant’Antonio, Aci San Filippo, Aci Catena, Aci Bonaccorsi, Acitrezza, Aci Castello è stata integrata da alcune coltivazioni emigrate nel ragusano, e nelle aree etnee di Milo e Adrano, ma i terrazzamenti non superano l’ettaro.
Per questo il Presidio Slow Food protegge, anche quest’anno, il cavolo di trunzio, e in particolare un solo produttore, che si occupa di allevare questo prezioso ortaggio, secondo metodi biologici. In collaborazione con l’Assessorato regionale delle Risorse Agricole e Alimentari della Regione, l’obiettivo del consorzio è quello di coinvolgere altri produttori della cintura, nelle metodologie naturali di coltivazione che siano rispettose dei terreni, dei consumatori, del prodotto e dell’ambiente, per poter riportare il cavolo di trunzo al suo antico splendore.
Oggi, le moderne tecniche di coltivazione e l’uso massiccio di concimi chimici, hanno arrecato notevoli vantaggi alla coltivazione, che oggi può arrivare a raggiungere addirittura tre raccolte in un anno, quando tradizionalmente non supererebbe le due: una in primavera, l’altra in autunno, ma non ne proteggono le preziose caratteristiche organolettiche.
Le particolarità del cavolo di trunzu sono soprattutto rappresentate dalle peculiarità del territorio della zona etnea, il cui terreno, ricco di elementi unici, è capace di influenzare il gusto del prodotto stesso. Un prodotto che nel catanese è molto amato e apprezzato, infatti viene consumato sia cotto che crudo: passato in padella o all’insalata.
Questa crucifera violacea viene inoltre normalmente venduta a mazzetti, avvolta nelle grandi foglie che ne proteggono la freschezza, e se cotta, viene spesso utilizzata in una gustosa variante della tipica pasta con le sarde.
Autore | Enrica Bartalotta
Foto da: Vittoria ai fornelli – Ricette e consigli in cucina