La storia del Cavolo Vecchio di Rosolini merita sicuramente di essere raccontata, perché si intreccia indissolubilmente con le tradizionali abitudini delle famiglie contadine. La città di Rosolini si trova tra le province di Ragusa e Siracusa, ai piedi dei monti Iblei e a pochi chilometri dalla Val di Noto. Nata con i Bizantini e conquistata dagli Arabi, è ricca di cultura ed è stata da sempre vocata all’agricoltura e alla coltivazione di mandorli, uliti, frumento o fave.
Fino alla fine degli anni Sessanta, infatti, ogni famiglia aveva un cavallo o un mulo e possedeva una salina, cioè una concimaia scavata nel terreno dove era accumulato il letame proveniente dalla pulizia delle stalle. Proprio ai bordi della salina si coltivava il cavolo vecchio. A Rosolini, la sua coltivazione ha continuato a essere portata avanti da poche famiglie, che ne hanno preservato l’esistenza.
Il cavolo vecchio di Rosolini ha una foglia poliennale e si trapianta tra luglio e agosto. Inizia a produrre i primi sfalci a partire dagli inizi di ottobre, fino alla fine di marzo. I semi, un tempo, erano riprodotti in famiglia e le piantine servivano esclusivamente per l’autoconsumo. Su ogni tavola della zona iblea non poteva mancare. Oggi le piante di cavolo vecchio sono ancora coltivate negli orti famigliari, insieme ad altre essenze, oppure si trovano ai bordi degli orti, per sfruttare le loro caratteristiche poliennali.