Il Cerasuolo di Vittoria è l’unico vino D.O.C.G. siciliano; composto per il 50-70% dalle uve di Nero d’Avola e per il 30-50% da quelle di Frappato, viene prodotto soprattutto nell’area di Ragusa.
La cultura vitivinicola si diffuse nella Sicilia orientale già al tempo della colonizzazione greca dell’Isola, tra il VII e il VI secolo a.C. Alcune monete ritrovate presso l’antico centro di Kamarina, testimoniano infatti che la zona di Ragusa era già interessata dalla coltivazione a vite, per la produzione di un vino che veniva commercializzato, e forse anche esportato; la zona inferiore delle monete coniate dalla colonia siracusana, presenta infatti un’effigie di anfora vinaria, con bocca stretta e pancia allungata; numerose furono anche le anfore ritrovate nei fondali dell’area marina antistante.
A conferma della commercializzazione del vino, venne ritrovato inoltre un’importante reperto storico: una lamina in piombo che testimoniava l’acquisto di un terreno coltivato a vite, da parte di una donna, già possidente di una sua rivendita di vini; in pratica un atto notarile, risalente al III secolo a.C., che conferma come nelle zone comprese tra i fiumi Ippari ed Irminio, la coltura della vita era già conosciuta e ampiamente praticata, anche a scopo di lucro.
Furono i Romani ad ampliarne la produzione, e a garantirne le prime vere esportazioni, a Roma e in tutta l’aria centro-meridionale dell’Italia: a Pompei sono state ritrovate anfore vinarie con iscrizioni che indicavano la provenienza del vino in esse contenuto: Taormina e Mesopotamio; la zona tra i fiumi Ippari e Dirillo, veniva infatti chiamata, nell’Antichità, "Plaga Mesopotamium", l’area dove oggi viene appunto prodotto il Cerasuolo di Vittoria. Nelle zone che da Catania passava attraverso Lentini, Caltagirone, Acate, Vittoria e Comiso, i ritrovamenti di palmenti, fondaci per le soste, fornaci per la costruzione di anfore, testimoniano la diffusione della vitivinicoltura in quest’area.
Il Cerasuolo di Vittoria come lo conosciamo oggi, nacque non prima del 1606, tramite la fondazione della città di Vittoria, ad opera di Vittoria Colonna Henriquez. La storia narra che, rimasta vedova del marito, Luigi III, la donna ottenne il permesso dal re spagnolo di edificare un nuovo territorio, per risanare le sue finanze, terribilmente provate dai fasti del defunto consorte; una volta ricevuta la concessione regia, Vittoria regalò un ettaro di terreno ai primi 75 coloni, a condizione che ne coltivassero un altro a vite. Durante il Seicento, il fertile territorio di Vittoria venne caratterizzato da una massiccia produzione vinicola; il prodotto venne prima esportato nei vicini centri della contea di Modica, di cui anche Vittoria faceva parte, e, successivamente, venne inviato a Malta, tramite le navi trapanesi e mazaresi che solcavano il Mediterraneo a partire dal porto di Scoglitti.
La produzione continuò florida per tutto il Settecento e Ottocento, soprattutto a partire dall’esenzione del dazio sul mosto, che provocò la nascita di piccoli e medi possidenti e mezzadri, a partire dal 1777. Del Cerasuolo di Vittoria e della sua produzione, ci sono giunte soprattutto le testimonianze degli appunti di viaggio dell'abate Paolo Balsamo e delle “Memorie sui vini siciliani” del fiorentino Domenico Sestini, il quale, trasferitosi a Catania con il ruolo di bibliotecario investitogli dal principe di Biscari, nel 1812 dà all'Accademia dei Georgofili una importante lezione a testimonianza della struttura articolata che caratterizzava la vitivinicoltura di questa zona di Sicilia: Sestini descrive i vini e i vitigni, il sistema di impianto e coltivazione, e persino le modalità di vendemmia e vinificazione. Nella seconda metà dell'Ottocento, Vittoria subì un’ulteriore espansione economica, e divenne una delle città più rigogliose e produttive di Sicilia; vennero riconvertiti migliaia di ettari dedicati alla coltivazione del grano, a causa di una sempre più crescente domanda di vino. Il porto di Scoglitti fu potenziato per far fronte alle numerose richieste, e nel 1860, la produzione raggiunse i 300 mila ettolitri.
A partire dalla fine del secolo però, un'epidemia di Fillossera causò la distruzione di gran parte dei vigneti, di Vittoria e di Sicilia, provocando il conseguente tracollo economico e la rovina di molti latifondisti e lavoratori.
Agli inizi del Novecento, con la diffusione della tecnica dell'innesto su vite americana, si procedette alla ricostruzione dei vigneti, con piante resistenti alla fillossera, ma con la crisi economica e la guerra commerciale con la Francia, iniziò ad assumere via via sempre più importanza il segmento dei vini da pasto, dalla più moderata gradazione alcolica; rossi caratterizzati da profumo intenso e gusto fresco, antesignani dell’attuale D.O.C.G., riconosciuto con decreto ministeriale solo il 13 settembre 2005.
Oggi, il Cerasuolo di Vittoria viene coltivato anche presso le provincie di Caltanissetta e Catania, nelle zone di Gela, Mazzarino e Caltagirone.
Questi terreni a dominazione calcarea, sono il territorio giusto per la produzione di un vino fruttato dal sapore secco ma morbido, perfetto con piatti a base di carne e verdure, come la tipica caponata e la pasta alla Norma; brasati e arrosti. Da provare anche con formaggi piccanti stagionati.
Autore | Enrica Bartalotta