La Chiesa di Santa Maria dei Greci di Agrigento vanta un’interessante storia. L’edificio di culto corrisponde infatti all’antico tempio di Atena o di Zeus Atabirios, che risale all’epoca di Terone. Del tempio rimangono tracce nelle fondazioni e nei resti della cella. Si trattava di un tempio periptero esastilo, con tredici colonne sui lati lunghi, analogo al Tempio della Concordia.
La chiesa ha avuto l’appellativo “dei Greci” perché nel corso della dominazione bizantina è stata cattedrale di rito greco-ortodosso. Soltanto in seguito divenne cattedrale Cattolica, prima di San Gerlando. L’edificio attuale risale al XII-XIII secolo. La facciata è semplice e severa, con linee gotiche che richiamano l’architettura tipica dell’età sveva. L’ingresso è abbellito da un notevole portale archiacuto, la cui chiave presenta uno scudo.
All’interno vi sono tre navate: in quella centrale c’è un soffitto ligneo di linea trecentesca, a capriate dipinte. Alle pareti sono tracce di sette riquadri trecenteschi affrescati, distribuiti attorno alla figura di una Madonna in trono col Bambino andata in parte distrutta. Questa è la cosiddetta “Madonna del latte” con un esplicito riferimento alla Chiesa raffigurata in Maria, indicata dal figlio come fonte di grazia.
La chiesa conserva ancora un sarcofago di marmo del 1570 che racchiude le ossa di due nobili palermitani: Bartolomeo Caputo e Isabella Termini. Durante gli ultimi restauri, sono state trovate la cripta e il colatoio del XIX secolo. Qui i membri della Confraternita di Santa Maria dei Greci venivano fatti essiccare, seduti, prima della sepoltura, su poltrone ricavate nella roccia viva al di sotto del livello del pavimento della cella del tempio.
Foto di Gianni Grimaldi