Una interessante pagina di storia catanese.
- La ricerca dei fatti più curiosi della Sicilia ci porta oggi a Catania, per parlare di un gruppo noto come Combriccola dei Falsari. Chi erano costoro?
- Erano un gruppo di nobili che diede vita a interessanti e fantasiosi racconti.
- Ecco la loro storia.
Tra Catania e Acireale fiorì nella prima metà del Seicento un celebre gruppo di falsari di documenti, grazie all’opera di Ottavio D’Arcangelo, nobiluomo, e poi sotto gli auspici del vescovo Ottavio Branciforti. Lo scopo era determinare l’antichità della città etnea rispetto a Palermo e Messina. I componenti della Combriccola dei Falsari non erano certo sprovveduti. D’Arcangelo, che era un potente cancelliere del Senato cittadino, si recò più volte a Roma per recuperare da falsari di professione manoscritti, monete e iscrizioni che sostenevano le sue tesi. Con quelle “prove” create ad hoc realizzò un’opera in due volumi sulla storia di Catania e dell’Etna.
Per sostenere le sue tesi, D’Arcangelo citò anche celebri umanisti. La sua attività falsificatoria fu molto meticolosa. Dato che non sapeva il greco, si inventò che l’umanista Bessarione aveva fatto conoscere non il testo greco, ma la traduzione latina delle (inesistenti) “Epistole di Diodoro Siculo“, che lui poi tradusse in italiano. Per dare solidità alla tesi della superiorità di Catania nei confronti di Palermo, ideò un’epigrafe. Nel 250 a.C., nei pressi di Palermo, il proconsole Cecilio Metello avrebbe sbaragliato l’esercito del generale cartaginese Asdrubale catturando un gran numero di elefanti. D’Arcangelo si inventò un’epigrafe libica in latino, che sarebbe stata la più antica testimonianza di una presunta vittoria catanese contro i libici. Questa fu soltanto una delle invenzioni della Combriccola dei Falsari, che riuscì per anni a trarre tanti in inganno
Fonte: Quaderni leif – Semestrale del Laboratorio di Etica e Informazione Filosofica Università di Catania