È successo a Lucrezia Panvini, un’imprenditrice del palermitano, che a Santa Cristina Gela (PA) gestisce l’azienda agricola biologica e agriturismo “Al Poggetto”, una proprietà che si estende per 6 ettari, coltivata perlopiù a uliveti.
L’imprenditrice ogni anno, per la raccolta delle olive, così come per l’allevamento degli animali e le altre attività aziendali (orto, passeggiate a cavallo, ristorante e agriturismo), ricerca manodopera e offre una regolare busta paga, ma negli ultimi tempi trovare personale è diventato una vera impresa.
A raccontare la storia è stato il giornale “La Sicilia”, che in una lunga intervista ha spiegato un fenomeno sempre più diffuso e lamentato da tante aziende agricole locali.
Come riporta il quotidiano si tratta dell’altra faccia della medaglia, quella del “lavoro legalizzato in agricoltura, in cui ai lavoratori vengono riconosciuti tutti i diritti, si tutela la sicurezza e si fa formazione” e che però cala di anno in anno.
Secondo i dati forniti da Uila (Unione Italiana dei Lavori Agroalimentari), dal 2014 al 2022, si sarebbe perso nel settore agricolo circa il 5% dei lavoratori assunti regolarmente. Un dato allarmante se si pensa ai numeri spaventosi del lavoro sommerso in agricoltura (35-40% lavoratori in nero).
“Non trovo gente disposta a lavorare in campagna”
D’altro canto, ci sono imprenditori, come Lucrezia Panvini, che fanno di tutto per assumere rispettando le regole, ma la gente sembra scappare dal lavoro in campagna, un settore che è invece in forte espansione e su cui bisognerebbe puntare.
“Ho molta difficoltà a farlo comprendere, non trovo braccianti. Si parla tanto di disoccupazione e la campagna potrebbe dare lavoro a tanti ma forse questi tanti, questo lavoro non lo vogliono” – commenta l’imprenditrice.
La ricerca dei lavoratori avviene prevalentemente “via social, perché gli uffici del lavoro, se ancora esistono, non funzionano” – sottolinea la Panvini. “Quando cerco dei collaboratori nelle prime ore della pubblicazione del post ricevo diverse chiamate e fisso 10 appuntamenti in un giorno. Sa quanti vengono? Se sono fortunata uno. Nemmeno dai paesi vicini che, pure, storicamente sono sempre stati dei bacini di manodopera per le campagne. E questo accade a me, ma anche agli altri imprenditori agricoli. Abbiamo troppa difficoltà; per due anni ho rischiato di non poter raccogliere le olive che mi stavano cadendo sul terreno. Quei pochi che lavoravano erano ricercatissimi e non riuscivano a coprire le richieste”.
Il reddito di cittadinanza ha dato “denaro senza sforzi”
I voucher possono offrire un aiuto, ma il problema resta: “i lavoratori non si trovano e quelli che si trovano, di fatto, non sono utilizzabili perché hanno paura di perdere il reddito di cittadinanza o altri benefici di cui godono anche temporaneamente. Noi imprenditori ci scontriamo con questa realtà. Prima erano i datori di lavoro a imporre il lavoro nero ai dipendenti, ora te lo propone lo stesso lavoratore… È assurdo”.
“Finora il reddito di cittadinanza ha fatto sì che molti assaggiassero il piacere di percepire denaro senza sforzi. Ora, sicuramente il lavoro in campagna è più faticoso rispetto a un impegno di tipo mentale davanti a un computer”, ma è anche “un lavoro privilegiato”, che permette di “stare fuori all’aria aperta, senza stress, senza restare ingabbiati in casa davanti a un pc in smart working”. Un lavoro che sa essere molto gratificante e ben remunerato.
La paga, del resto, è abbastanza alta e non ci sono differenze tra uomo e donna. “Siamo intorno ai 70/75 euro netti giornalieri, più i contributi pagati. A me un lavoratore regolare costa 90 euro e la paga delle donne è esattamente la stessa. Il problema non esiste”.
Occorrerebbe investire sulla formazione, ma anche su questo punto Lucrezia Panvini ha delle riserve: “Ho sentito che saranno stanziate molte risorse per fare formazione, ma mi chiedo per formare chi? Parrucchieri ed estetiste, con tutto il rispetto? Ma perché non formare personale per andare a lavorare in agricoltura? Io cerco da più di un anno, ormai, in tutt’Italia, un istruttore di equitazione: non l’ho trovato. Mi sono rivolta a un’azienda vicina con un’attività simile, ma sono nella mia stessa situazione. Per non parlare del personale stagionale. Introvabili camerieri, personale di cucina, collaboratori per la pulizia…”.
Una corsia preferenziale per la manodopera straniera
L’unica soluzione sarebbe ricorrere al personale straniero, ma anche in questo caso ci sono delle grosse difficoltà: “Il governo dovrebbe semplificare l’iter per la regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari. È un po’ difficile fare ottenere loro tutti i permessi che permettano loro di essere inquadrati regolarmente in un’azienda. Tuttavia, riusciamo comunque a selezionare, malgrado le difficoltà dei dipendenti volenterosi che riescono a seguirci nel lavoro in campagna, ma ci vorrebbe una corsia preferenziale per questi casi” – conclude l’imprenditrice.