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Coronavirus e aria condizionata, sono davvero tante le domande in merito all’argomento, soprattutto adesso che siamo alle porte della Fase 2 e della stagione estiva. Il virologo Roberto Burioni ha fornito alcune risposte sul suo portale “Medical Facts”, partendo da un caso di contagio avvenuto in Cina. Dal racconto si evince come i dettagli possano fare la differenza.

Coronavirus condizionatori: il caso

“È il 23 gennaio e una famiglia parte da Wuhan, dov’è cominciata l’epidemia, per andare a Guangzhou”, ha raccontato. Vanno a pranzo al ristorante, stanno tutti bene. Si siedono in una sala di 145 metri quadrati dove ci sono altri 14 tavoli per un totale di 83 commensali e 8 camerieri. La sera stessa uno dei familiari si sente male. Va in ospedale e riceve la diagnosi: Covid-19.

Le autorità si muovono immediatamente, identificano tutte le persone presenti nella sala del ristorante, le mettono in isolamento. Nei giorni seguenti si ammalano sia alcune persone sedute allo stesso tavolo del commensale sia altre, di due famiglie diverse, sedute nei due tavoli vicini, lontane più di un metro dal paziente infettato.

“La sala viene esaminata con attenzione e ci si accorge che i getti dei condizionatori creano forti correnti d’aria”. Gli epidemiologi cinesi hanno stimato che una delle due famiglie è stata al ristorante contemporaneamente a quella del malato per 53 minuti, l’altra per 73.

Ecco perché la trasmissione è avvenuta a più di un metro di distanza: le goccioline di saliva del commensale ammalato “sono state sospinte dal getto del condizionatore e sono arrivate più lontano. Certo c’è voluto molto tempo, un’ora o più”, quindi “verrebbe da dire che per essere contagiati ci vuole una vicinanza prolungata e magari l’aiuto di una corrente d’aria”.

Secondo Burioni “Nel momento in cui ci accingiamo a riaprire ristoranti, bar e uffici dobbiamo ben tenere presente quanto è successo, che non ha solo aspetti negativi. È vero che persone dei tavoli vicini, colpiti dalla corrente d’aria generata dal condizionatore, sono state infettate a distanze maggiori” e “questo deve portare a particolare cautela nella disposizione dei tavoli e nel loro distanziamento – suggerisce il virologo – specie in presenza di forti correnti d’aria dovute a condizionatori, ventilatori o qualunque altra cosa”.

“Però è vera anche un’altra cosa – ha aggiunto -: in quella sala hanno pranzato insieme al paziente 82 persone: 9 sono state infettate, ma gli altri 72 commensali e soprattutto gli 8 camerieri, che certamente hanno servito anche il paziente infetto, non hanno contratto il virus”.

“La distanza e l’attenzione ai flussi d’aria saranno i due elementi ai quali ci dovremo affidare per la protezione contro l’infezione quando tenteremo di riprendere la nostra vita normale”.

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