Scoprire cosa vedere a Randazzo (CT), significa avventurarsi in un territorio che ha molto da offrire in termini architettonici, storici e anche naturalistici. Il borgo si trova incastonato in un territorio variegato ed unico, reso ancor più prezioso dalla compresenza di ben tre aree protette: il Parco Regionale dell’Etna, quello dei Nebrodi ed il Parco Fluviale dell’Alcantara. Un tempo era conosciuta come “città delle 100 chiese“. Le sue origini affondano nel passato. Come da tradizione ottocentesca, anche a questa località si vollero dare nobili, se non addirittura “divine” origini. Secondo lo storico randazzese don Giuseppe Plumari, sarebbe il risultato della fusione di una preesistente pentapoli: Triracia, Triocala, Tissa, Demena e Alesa. Per Michele Amari, invece, sarebbe sorta nel Medioevo. Il suo nome, di origine bizantina, deriverebbe da un Rendakes o Randas, governatore bizantino della vicina Taormina nel X secolo. Un’altra teoria popolare, invece, vorrebbe che il nome della città di Randazzo derivi dal termine dialettale “rannazzu” (“molto grande”), per indicare un insediamento molto esteso.
Sulla base delle testimonianze degli storici e anche dei ritrovamenti archeologici, si può affermare che nel territorio di Randazzo esistettero fin dai secoli più lontani insediamenti abitati da popolazioni di origine greca, ben amalgamatesi con quella indigena, cui, successivamente, se ne aggiunsero altre di origine latina. Con la conquista musulmana della Sicilia, per sfuggire alle incursioni degli arabi che dalla costa ionica si spingevano verso l’interno risalendo lungo il fiume Alcantara, gli abitanti di quelle contrade dovettero necessariamente abbandonare i loro villaggi per trovare maggior sicurezza spostandosi verso ponente. Giunsero, così, dove oggi si trova la città, in quanto la zona era ben protetta da un alto ciglione lavico preistorico, dal fiume Alcantara e da una grande palude ad ovest. Gli Arabi rimasero in Sicilia per circa tre secoli, fino a quando i Normanni, al seguito del Gran Conte Ruggero, riuscirono a sconfiggerli e a cacciarli dall’isola. Quando i Normanni giunsero a Randazzo, un altro gruppo etnico del Nord Italia, i Lombardi, si unirono alle precedenti popolazioni, ma non si riuscirono a creare una coesa comunità con esse.
Le tre basiliche (i tri chiesi) rappresentano i quartieri antichi della città, abitati da greci, latini e lombardi. Si tratta della Chiesa di Santa Maria, nel quartiere latino, che è la Basilica principale. Nel quartiere lombardo c’è la Chiesa di San Martino, dove si trova il campanile più bello della Sicilia, alto 41 metri. La Chiesa di San Nicolò risale invece al XIII secolo. Come abbiamo anticipato, nel suo comprensorio Randazzo un tempo contava 100 chiese. Sulla collina dell’ex quartiere ebraico c’è l’ex Monastero benedettino, con la Chiesa di San Giorgio. Tra le altre chiese minori troviamo: Chiesa di Maria SS. Annunziata (XIV-XIX sec.), Chiesa del Collegio S. Basilio (SS. Salvatore), Chiesa di S.Francesco di Paola adiacente all’Ospedale dei poveri, Chiesa dei Cappuccini, Chiesa di S. Pietro e l’ex Chiesa di S. Giacomo.
Ai margini della piazza di San Nicolò c’è la suggestiva via degli Archi, con l’acciottolato in basalto lavico, gli archi a sesto acuto e le bifore. Randazzo era circondata da una cinta muraria lunga circa 3 Km, probabilmente di epoca sveva, con 8 torri e 12 porte, visibile ormai solo per brevi tratti. Rimangono oggi soltanto una torre (il Castello) e quattro porte: Porta Aragonese, Porta San Martino, Porta San Giuseppe e Porta Pugliese. Per quanto riguarda, invece, i palazzi, meritano di essere menzionati Palazzo Lanza, Palazzo Rumolo, Palazzo Clarentano, Palazzo Reale e il Palazzo Comunale (ex convento dei Frati Minori Conventuali). Ancora, il Castello, posto su uno strapiombo di roccia lavica, è l’unico superstite delle otto torri messe a guardia della città sulla cinta muraria. Chiudono il giro la Casa di via Orto, con il suo portale in pietra lavica, i cortili e la cisterna ottogonale, e il Portale di via Fisauli, risalente al XIV secolo, dove la pietra lavica cesellata artigianalmente raggiunge una grande finezza di disegno.
Foto di EtnagigantE – CC Attribution-Share Alike 4.0