Alla corte di Federico II la cucina era una cosa seria. Forse non tutti lo sanno, ma all’opera dell’imperatore sono attribuiti ben due libri di cucina. Si tratta de “Il Meridionale”, datato intorno al 1240, un ricettario pensato per la cucina di corte, e del “Liber de coquina”, scritto nella lingua latina del tempo, un ambizioso manuale di gastronomia internazionale.
I documenti che possediamo testimoniano come nella tavola dello Stupor Mundi non mancassero riso, molteplici salse, brodo di mandorle e tante spezie (pepe, cannella, noce moscata, zenzero e zafferano). Lui stesso amava sperimentare le preparazioni culinarie, percorrendo l’Italia e conoscendo cibi e cucine locali.
Le ricette contenute nei libri che abbiamo citato non hanno solo derivazione araba, ma anche di molte e diverse regioni italiane. Si ritiene, dunque, che siano state raccolte alla corte di Federico II, itinerante per l’Italia durante le campagne militari.
Così, si possono trovare ricette popolari, come le Crespelle de Quaresima, ancora oggi note – a seconda dell’area geografica – come chiacchiere, frappe, cenci o bugie, o anche le Lassanis, che corrispondono alle odierne lasagne di pasta bollita e condita.
In questi trattati, sono molto ricchi di ricette i capitoli “De genere herbarum” (dedicato alle verdure), “De super-fluitatibus animalium” (dedicato a latte, latticini e uova), “De piscibus” (sul peesce) e “De cibis compositis et multis” (per le preparazioni complesse). Molto dettagliato è il capitolo “De animalibus”, che parla di carni di animali domestici e selvatici, arrivando anche ai salumi.
Grazie a Federico II la cucina e la gastronomia conquistano anche i ceti colti e gli scrittori: così i costumi alimentari si sono accompagnati anche alle manifestazioni letterarie e scientifiche.
Federico II era solito offrire grandi banchetti ricchi di odori, colori, suoni e sapori diversi che appagavano i cinque sensi. La tavola era dominata dal colore, dal giallo dello zafferano fino al rosso delle melagrane.
L’insalata e la frutta erano consumate all’inizio del pasto, in modo da preparare lo stomaco alle prelibatezze successive. Poi si gustavano le altre portate. Una parte importante dei menù era occupata dalla selvaggina.
All’Imperatore piacevano particolarmente i volatili cacciati con i falchi e i colombi spalmati di miele e passati alla brace con erbe aromatiche. Fu proprio Federico II a introdurre la figura del siniscalco, l’esperto che doveva tagliare il suo bottino di caccia.