Il trend di cucinare con l’acqua di mare è tornato in auge da un po’. Molti ristoranti d’alta cucina preparano le pietanze in questo modo e, anche attraverso MasterChef 11, il grande pubblico è venuto a conoscenza di questa tendenza sempre più diffusa. Quello che non tutti sanno, però, è che in realtà si tratta di una tradizione molto antica.
Cucinare con l’acqua di mare, un’arte antica
Nelle zone costiere si è sempre cucinato utilizzando l’acqua di mare. Esistono, ad esempio, testimonianze di ricette medievali, come quella ritrovata nel sito archeologico di Ostra Vetere, in provincia di Ancona: «Sei polpose cernie brune, dopo averle eviscerate e mondate, unisci a un sapiente trito di erbe aromatiche composto di aglio, origano, timo, salvia. Lasciale marinare insieme alle spezie per un tempo mediamente lungo in generosa acqua marina, dove poi verranno cotte».
E questo non è tutto, perché l’acqua di mare viene anche utilizzata in altri modi, nel mondo enogastronimico. Di recente l’abbiamo vista in una delle “Mistery Box” di MasterChef, ad esempio. Esistono birre prodotte con acqua di mare, come la cerveza spagnola “Er Boquerón”, o le birre siciliane “Aquamaris” e “Maris”, realizzate da differenti produttori.
Sull’Isola d’Elba si fa anche un vino: si chiama Nesos e riprende una tradizione vinicola di oltre 2500 anni fa delle isole greche. L’uva fa un bel bagno in acqua salmastra, prima del processo di vinificazione. Ancora, ci sono produttori di conserve che la utilizzano per le salamoie di pomodorini in barattolo e pizzaioli che la mettono nell’impasto.
Come si usa l’acqua di mare in cucina
Cucinare con l’acqua di mare ha un fascino antico e indiscusso ma, ovviamente, va fatto con grande attenzione e competenza. Bisogna, infatti, bilanciare bene, per non avere cibi troppo salati o insipidi. Il sale contenuto nell’acqua, infatti, varia da mare a mare. Per questo motivo, il calcolo dei tempi di cottura è importante.
In cottura, infatti, l’acqua evapora, ma il sale resta nei cibi. Tra i mari con più salinità c’è proprio lui: il nostro caro Mar Mediterraneo. Se state già immaginando che basti andare in spiaggia (o sugli scogli) per raccogliere l’acqua di mare per cucinare, vi sbagliate. Esistono, infatti, alcune proposte già in commercio, sia per motivi igienico-sanitari, che per motivi legali.
L’acqua marina, anzitutto, deve essere microfiltrata e purificata dagli agenti patogeni. A questo si aggiunge il fatto che prelevare acqua di mare è vietato. Esiste un regio decreto, datato 6 novembre 1930, che che si asporti l’acqua del mare. In tempi più recenti, la legge 17 del luglio del 1942 ha stabilità che l’asportazione dell’acqua di mare è vietata, quando non permessa con specifiche eccezioni.
Se vi sembrasse ancora poco, sappiate che il codice della navigazione sanziona l’estrazione abusiva di arena o altri materiali, e che ci sono tante ordinanze regionali che vietano di prelevare e vendere l’acqua di mare a fini alimentari, se non dietro concessione.
Come fare, dunque, a cucinare con l’acqua di mare? Ne esistono davvero tante in commercio. Le più diffuse della cucina sono spagnole, ma ce ne sono anche in Italia, come la Aquamaris, prelevata nell’insenatura catanese del Mar Ionio o la Mediterranea Acqua di Mare di Fasano, provincia di Brindisi.
Bruno Patanè, catanese che vive all’estero e socio di Aquamaris, ha raccontato a La Stampa: «Ci ho messo un po’ a comprendere cosa mi mancasse all’estero – racconta – poi ho capito, era il mare, il gusto delle cose di mare che qui in Germania te lo sogni».
«Siamo 5 soci – dice il responsabile della produzione, Salvatore Romano – con noi due ci sono un chimico, un medico e un armatore. Usare l’acqua di mare a scopi alimentari è salutare, ha 50 minerali, tra cui potassio e magnesio; si da più gusto ai cibi ma si affronta anche il problema del sodio e dello iodio».
E pensare che i pescatori di una volta lo facevano già, di cucinare con l’acqua di mare: la saggezza popolare non ha mai sbagliato un colpo.