La struttura, che accoglie i visitatori in uno spiazzo occupato da un’imponente croce lignea e un simulacro della Santa, è stato costruito nelle vicinanze della grotta in cui si rifugiò per gran parte della sua vita, Santa Rosalia, la vergine palermitana diventata Patrona della città.
Posto a 986 metri sul livello del male, è costruito e cresciuto a tappe, e mimetizzatosi in maniera quasi organica con l'ambiente circostante, era il luogo perfetto per la pace e la meditazione; l'eremo comprende, oltre alla ‘grotta’ vera e propria, la chiesa, la cripta e gli ambienti conventuali costituiti dalle celle, dal refettorio e dalla cucina.
Si dice che la storia ebbe origine quanto la giovane Santa, decise di fuggire dagli sfarzi della mondana vita di città; e, in cerca di solitudine e pace giunse qui, nel 1150, dove visse fino al 1162.
Ma la storia dell’eremo non ebbe inizio fino al 1624, poche settimane dopo la scoperta dei resti della Santa, nella grotta del monte Pellegrino a Palermo. Con la scoperta dell’epigrafe, sorta presso il secolare bosco della Quisquina, posto a nord-est rispetto al comune di Santo Stefano Quisquina, fu subito eretta una cappella. Qualche anno dopo, il mercante genovese Francesco Scassi, venne a conoscenza della storia della Santa e della sua grotta, e decise così di dedicarle il complesso che oggi costituisce l'Eremo.
Dopo aver edificato la chiesetta affrescata, le cellette, una cucina e una stalla, Sassi decise di ritirarsi a vita solitaria, e di vivere con altri tre uomini, nell'eremo da lui costruito. Questi fonderanno una congregazione indipendente di frati devoti a Santa Rosalia, che con il tempo diverrà del tutto autosufficiente, con le costruzioni successive del frantoio, del granaio, della calzoleria e della falegnameria. Nel corso del Settecento, l'Eremo della Quisquina divenne uno dei luoghi di pellegrinaggio più rinomati di tutta la Sicilia: venne visitato da vescovi, principi e cardinali, che ne fecero l’oggetto delle loro donazioni.
La fama e la prosperità portarono all'Eremo moltissimi frati, così i Ventimiglia, Baroni di Santo Stefano, decisero di ampliare e arricchire il complesso, che così avrebbe potuto ospitare fino a 100 frati. Accanto ai devoti, spesso trovavano dimora i figli delle famiglie più povere della zona, o ancora, trovavano rifugio delinquenti e banditi che all'interno dell'Ordine, avrebbero potuto godere di asilo religioso: un’evoluzione nella fruizione del luogo sacro, che cambiò totalmente l'assetto interno dell'Eremo. Alla fine del XIX secolo, numerosi episodi contribuiscono al declino della congregazione, che viene sciolta nel 1928 quando i frati vennero cacciati dalla struttura. Ultimo eremita noto è Fra Vicè (Vincenzo) che ha vissuto presso l’Eremo, in solitudine, gli ultimi anni della sua vita, fino al 1985, anno della morte, pervenuta all'età di 92 anni. Oggi l'Eremo è gestito dalla Pro Loco di Santo Stefano Quisquina.
Grazie all'interessamento del Principe Ventimiglia, vennero ceduti agli stefanesi, il 25 settembre 1625, alcuni frammenti delle reliquie della Santa, che vennero collocate in un mezzobusto raffigurante Rosalia stessa. Il busto è tenuto custodito in una cappella della Chiesa Madre, e viene portato ogni anno in processione presso l'Eremo, il martedì successivo alla prima domenica di giugno, dai fedeli in pellegrinaggio a piedi.
Autore | Enrica Bartalotta
Foto di Caterina Dmitrieva