Il busto-ritratto di Antonino Salinas accoglie il visitatore che si inoltra nel secondo chiostro del Museo: è collocato nel giardino, al vertice di una colonna in marmo portoro, quasi ad occupare il “cuore” dello spazio museale, ricordando simbolicamente la centralità dell’opera svolta dal Salinas per questo luogo e, in genere, per l’archeologia in Sicilia.
Il busto in bronzo è opera dello scultore palermitano Ettore Ximenes (Palermo 1855-Roma 1926), allievo di Nunzio Morello all’Accademia di Belle Arti di Palermo, arrivato a chiara fama grazie ad una fervida attività che lo vide confrontarsi con esperienze artistiche variegate, compiute da Napoli a Firenze, ma portate avanti anche in ambito internazionale, nella Russia zarista come negli Stati Uniti ed in Brasile.
Lo Ximenes, rappresentante dell'arte celebrativa ufficiale del tempo, ritrasse il grande archeologo in età matura, esprimendosi nei modi di un contenuto verismo, lontani dall'enfasi retorica di altre sue opere pubbliche, e cercando piuttosto una descrizione più intima della persona, al di là della fama del personaggio.
L’opera venne realizzata nel 1921, in seguito alla commissione pubblica di un’immagine del Salinas che dovesse trasmetterne il ricordo ai posteri, e venne presentata al pubblico in occasione della commemorazione per il Cinquantenario del trasferimento del Museo Nazionale nei locali dell’Olivella, avvenuta in presenza del re Vittorio Emanuele II il 7 giugno del 1922.
Lo Ximenes eseguì il ritratto solo dopo la morte dell’illustre archeologo, lavorando nella casa-studio di Roma e traendo ispirazione da alcune fotografie del Salinas appositamente inviategli dal Comitato organizzatore di quelle celebrazioni.
Un particolare non secondario ed interessante, in quanto pionieristica soluzione sperimentata per sopperire alla mancanza di mezzi finanziari (la Storia va avanti, ma alcune storie rimangono sempre uguali!), riguarda il reperimento del bronzo necessario alla fusione del busto.
Possiamo dire che si tratta di un interessante caso di “riuso” di materiale pregiato, in tempi di ristrettezze economiche collegate al primo dopoguerra: per contenere le spese, infatti, il Comitato riuscì ad ottenere dal Ministero tre quintali di bronzo “da guerra”, pagato 1.080 lire, come documenta un carteggio intercorso fra Ettore Gabrici, allora Direttore del Museo e Vice-presidente del Comitato per le celebrazioni, e la Direzione d’Artiglieria di Messina.
Così il bronzo che era servito per forgiare strumenti di morte divenne materia prima grazie a cui dare forma all’arte e alla bellezza: un esempio lampante di come, oggi come ieri, stia all’uomo e alla sua scala di valori usare in positivo le risorse che la natura e l’ingegno umano mettono a sua disposizione…
#museosalinas #