Proverbi Siciliani

Detti siciliani, perché si dice: “Mamma, Cicciu mi tocca. Tocchimi Ciccu ca a mamma non c’è”

La saggezza popolare siciliana, con i suoi proverbi e detti, riesce a cogliere in poche parole concetti complessi e dinamiche umane universali.

Questi modi di dire, tramandati di generazione in generazione, racchiudono spesso ironia, sagacia e un pizzico di sarcasmo, riflettendo la profondità di un popolo che ha imparato a vivere con praticità e senso dell’umorismo.

I detti siciliani, infatti, offrono un’interpretazione diretta della realtà, evidenziando con semplicità verità profonde e ponendoci di fronte ai lati comici e contraddittori dell’essere umano.

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Uno dei detti siciliani più noti, particolarmente diffuso nella zona di Messina, è “Mamma, Cicciu mi tocca. Tocchimi Ciccu ca a mamma non c’è“. Questa espressione conserva ancora, oggi, una vivace attualità, ma cosa vuol dire davvero questo detto, e cosa ci dice sull’essere umano?

Significato e interpretazioni

L’espressione siciliana viene utilizzata per descrivere una persona presuntuosa, che non è intenzionata a dare confidenza, ma quando inizia a non sentirsi considerata richiama l’attenzione su di sé.

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La frase iniziale, “Mamma, Cicciu mi tocca,” suggerisce una lamentela, dove il soggetto si presenta come vittima di un’interazione non gradita. Invece, la seconda parte, “Tocchimi Ciccu ca a mamma non c’è”, ribalta la situazione: si trasforma l’apparente fastidio in un desiderio di attenzione.

La “colpa” di Ciccio diventa accettabile e quasi desiderabile. Questo atteggiamento è frequente in chi, pur sentendosi superiore, necessita di conferme esterne e dimostra un’insospettabile insicurezza.

È il modo di dire di quando si fa un qualcosa con piacere, ma non lo si vuole dimostrare e richiama quel genere di persone che per certi versi si sentono superiori, ma in realtà hanno bisogno che i riflettori siano puntati su di loro.

Il detto viene spesso utilizzato anche in contesti familiari, come tra bambini che litigano: uno potrebbe lamentarsi per essere stato “toccato,” simulando il ruolo di vittima davanti al genitore.

Quando, però, l’attenzione degli adulti si sposta, il piccolo stesso reclama quel tipo di interazione che prima respingeva.

La frase sottolinea un aspetto della personalità umana che ricorre in tutte le età e situazioni sociali: il bisogno di sentirsi al centro e il voler apparire virtuosi, salvo poi essere i primi ad incitare, sobillare e istigare, quando gli altri distolgono lo sguardo.

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Redazione