Una discarica nello Stretto di Messina. La scoperta, neanche troppo inaspettata, è stata fatta dai geologi dell’Università La Sapienza di Roma e del Cnw, che hanno immerso le telecamere per valutare la salute del canale che separa Sicilia e Calabria.
Discarica nello Stretto di Messina: lo studio
Il risultato è sconvolgente: sedie, bambolotti, spazzatura, persino un’automobile. Le immagini sono state pubblicate sul portale Nature, dove viene anche spiegato lo stato di inquinamento. Fino a 510 metri di profondità è stato trovato un ingente quantitativo di oggetti, diventati tutt’uno con la sabbia.
«Abbiamo deciso di indagare meglio – ha detto Francesco Latino Chiocci, docente di geologia marina all’università Sapienza di Roma -, Così nel 2016 siamo tornati nello Stretto con il progetto RitMare. Questa volta lo scopo preciso era studiare i rifiuti urbani sui fondali. Ne abbiamo trovati in quantità sbalorditive».
Sono oltre 4mila i pezzi gettati nello Stretto di Messina: tra questi, un forno, un bambolotto, scarpe, cucchiai, stivali. E, ancora, palloni, mattoni, secchi di vernice, materassi, scopettoni da bagno, tavoli, sedie, vestiti, cavi elettrici e anche un albero di Natale.
Tra i detriti trovati, la plastica morbida (cioè sacchetti e buste di plastica) è la categoria più diffusa e rappresenta il 52,4 dei detriti totali. Segue la plastica dura, che rappresenta il 26,1%.
«Quel che accadrà, immagino, è che lentamente i rifiuti saranno ricoperti da fango o da altri rifiuti – conclude il professore Francesco Latino Chiocci – e un mio collega li ritroverà fra migliaia di anni. Così la nostra epoca verrà ricordata come l’epoca della geo-monnezza».