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Nel 1815 giunsero a Palermo alcune statue di personaggi in toga, sacerdoti, ministri, imperatori, insieme a loro viaggiavano influenti matrone alquanto malconce e divinità colossali e potenti ridotte in frammenti; arrivavano da Tindari a bordo di un battello, per anni erano rimaste abbandonate sulla spiaggia di Oliveri dove avrebbero dovuto essere imbarcate per Siracusa. Le statue erano state rinvenute nel sito della colonia augustea da un pittore londinese, appassionato di antiquaria e dedito al commercio di opere d’arte: Robert Fagan. Costui, a Roma, dove aveva vissuto alcuni anni eseguendo ritratti di aristocratici viaggiatori britannici e cimentandosi nell’esplorazione di ruderi e rovine, era entrato nelle grazie di Saverio Landolina, all’epoca Regio Custode delle Antichità, che lo invogliò ad estendere il suo campo di indagine dall’agro pontino alla Sicilia. Così nel 1808 Fagan ottenne da Sua Maestà Ferdinando l’autorizzazione a svolgere scavi in Sicilia, e tanto era benvoluto a corte che l’anno successivo fu nominato Console Generale della Sicilia e delle Isole Adiacenti. In quello stesso anno il ritrattista-archeologo iniziò l’esplorazione di quello che rimaneva dell’antica città, mosso più che dal desiderio di conoscenza del passato dal progetto di esportare in Inghilterra e vendere ad antiquari e facoltosi collezionisti tutto quello che poteva essere portato via. Ma il suo modo di procedere un po’ troppo disinvolto suscitò le reazioni di molti nonché del Landolina. Il progetto andò a monte e le statue contese dapprima destinate dal governo al museo di Siracusa, finirono poi al Museo dell’Università di Palermo. Qui furono restaurate dall’illustre Maestro Valerio Villareale ed esposte nella nuova sede dell’Olivella, non tutte però. Una donna avvolta in uno scialle che da tempo aveva perduto la testa, rimase in magazzino; nel corso degli anni, se ne perse il ricordo. Durante lo sgombero di una delle celle del portico settentrionale del Chiostro Maggiore eseguito nel corso dei lavori per il restauro architettonico dell’edificio l’abbiamo riscoperta, è lei la dama di Tindari.
Statua di figura femminile, marmo bianco a cristalli fini. Età imperiale.