In Sicilia, l’acqua è diventata un bene prezioso, disponibile con piani di razionamento sempre più stringenti. Quartieri interi rimangono a secco per giorni, scandendo la vita quotidiana al ritmo della distribuzione imposta dalle autorità.
A Enna, una delle province più colpite, i cittadini affrontano costi elevati per l’acqua che spesso manca, costretti a pagare sia le utenze che le forniture d’emergenza. Qui anche lo splendido lago di Pergusa sta scomparendo.
Come ha sottolineato Giuseppe Amato di Legambiente Sicilia su Wired la crisi è ormai radicata, peggiorata dalla scarsità di piogge invernali, che ha portato al minimo storico degli invasi già in primavera. Senza interventi strutturali, il rischio è quello di ritrovarsi con risorse esaurite già entro il mese di novembre.
Le previsioni allarmanti erano, in realtà, già state fatte nel 1998 con il rapporto “Sicilia 2020”, dove si anticipavano i problemi legati all’aumento delle temperature e alla desertificazione. Ad oggi poco è stato fatto e mancano ancora soluzioni definitive.
I tentativi attuali, come i piani “pozzi e autobotti” promossi dalla Regione, rappresentano misure temporanee che pesano sulle famiglie senza offrire un vero sollievo.
In questo contesto di crisi, un’idea su tutte ha suscitato negli scorsi mesi curiosità e dibattiti: il cloud seeding, ovvero la stimolazione artificiale delle piogge.
Il cloud seeding consiste nell’inseminazione delle nuvole, un metodo che prevede l’iniezione di ioduro d’argento o ghiaccio secco all’interno delle nuvole tramite cannoni a terra, droni o aerei.
Questa tecnica, già usata in paesi come gli Emirati Arabi Uniti, mira a indurre la formazione di pioggia, aumentando le precipitazioni fino al 30% in condizioni ottimali.
L’idea potrebbe essere dunque una valida alternativa e una possibile risposta alla siccità in Sicilia, dove l’acqua scarseggia non solo per le abitazioni, ma anche per l’agricoltura e il turismo.
La situazione critica, infatti, minaccia il settore agricolo, già colpito duramente dalla mancanza di risorse idriche. Colture come olivi, mandorli e grano soffrono senza l’acqua necessaria, mentre gli allevatori devono ridurre il bestiame per l’impossibilità di nutrirlo adeguatamente.
Il cloud seeding, un metodo che sembra uscito da un racconto fantascientifico, ha già dimostrato efficacia in altre parti del mondo. Gli Emirati Arabi Uniti, per esempio, utilizzano questa tecnologia da tempo, con risultati positivi soprattutto nei mesi più aridi.
L’idea di sparare alle nuvole in Sicilia incontra, però, pareri contrastanti. Mentre alcuni vedono il cloud seeding come una possibilità per combattere la siccità e garantire acqua alle comunità e alle attività produttive, altri sollevano dubbi sull’efficacia reale in un territorio complesso come quello siciliano, oltre a sollevare questioni ambientali e di sostenibilità.
Le nuove tecnologie, come l’uso di droni e palloni aerostatici, promettono di ridurre i costi operativi, ma la vera sfida è rendere l’intervento parte di una strategia integrata che non si limiti a misure emergenziali, ma preveda un approccio coordinato che possa davvero fare la differenza.
In un’isola dove l’acqua è un bene più raro dell’oro, sparare alle nuvole potrebbe diventare un simbolo di speranza o l’ennesimo esperimento senza futuro.