Una storia incredibile. La responsabilità è del governo dell'isola. In un articolo molto lungo ma dal contenuto preziosissimo a firma del giornalista Giulio Ambrosetti, il sito "La Voce di New York" (che dedica molto spazio alla Sicilia) racconta nel dettaglio come, di fatto, la Sicilia regala 10 miliardi di euro allo Stato, grande debitore nei nostri confronti.
Dicono che sia una “manovrina” per l’assestamento del Bilancio. In realtà, come proveremo a illustrare, quello che il Parlamento siciliano si accinge ad approvare è una “manovrona” che culminerà nel “furto con destrezza” di circa 10 miliardi di Euro dal Bilancio della Regione siciliana. Questo nuovo scippo messo a punto non soltanto dall’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, ma anche da alcuni dirigenti regionali che gli reggono il gioco, si somma ai circa 5,4 miliardi di Euro ai quali il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha rinunciato nell’estate dello scorso anno, firmando il celebre accordo-capestro con il governo nazionale di Matteo Renzi (vero è che Crocetta, a nome di 5 milioni di siciliani, ha rinunciato per quattro anni agli effetti di una sentenza della Corte Costituzionale favorevole alla Sicilia in materia di territorializzazione delle imposte: ma i 5,4 miliardi di Euro persi in questi quattro anni nessuno li restituirà più alla Sicilia: se ne deduce che, in circa un anno, governo Crocetta e Parlamento siciliano stanno regalando al governo Renzi circa 15 miliardi di Euro!).
Nella vita politica, nonostante i tentativi di rendere difficile la lettura dei conti economici per nascondere la verità ai cittadini, non è impossibile leggere i dati di Bilancio. Basta un po’ di pazienza. Per interpretare alcuni dati non c’è nemmeno bisogno di scomodare la matematica finanziaria: basta conoscere le addizioni e, nel caso di quello che sta succedendo nel Bilancio della Regione siciliana, le sottrazioni. Seguiteci in questo piccolo ‘viaggio’.
Cominciamo con una delibera della Giunta regionale siciliana del 10 agosto scorso. Tema: il riaccertamento dei residui attivi e passivi previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011. Questa delibera avrebbe dovuto essere spedita al Parlamento dell’Isola. Cosa che non è stata fatta. Solo un cretino può pensare che la presidenza del Parlamento siciliano non sia a conoscenza di questa delibera. Anche perché è pubblicata sul sito ufficiale della Regione. La ‘notizia’ è che il Parlamento siciliano non ha preso atto di questa delibera. E questa è solo la prima scorrettezza istituzionale ai danni dei cittadini siciliani.
Proseguiamo. I residui attivi sono le somme di difficile esigibilità (che, come vedremo, almeno in parte, non sarebbe affatto difficile riscuotere). I residui passivi sono invece le somme impegnate, ma non spese. Contrariamente a quello che è stato detto in modo confuso, ieri, nella seduta del Parlamento siciliano, il decreto legislativo 118 non dice che i residui attivi debbono essere cancellati: al contrario, dice che va accertata la loro natura per verificare se sono esigibili o meno. Possono essere cancellati dal Bilancio – nel nostro caso, dal Bilancio della Regione siciliana – solo se viene accertata l’impossibilità di riscuoterli. Per essere ancora più chiari: la Regione, o meglio, i dirigenti regionali (questo è un compito ‘tecnico’ che spetta a loro e non all’assessore Baccei) debbono accertare se chi deve soldi alla Regione può pagare o non può pagare. Se l’accertamento viene fatto male, i dirigenti che hanno detto che quei soldi non erano più esigibili potrebbero anche commettere un reato che, in quanto tale, è penalmente perseguibile.
Questa precisazione è necessaria e importante perché, come vedremo, ci sono dirigenti regionali che hanno messo per iscritto di aver chiesto più volte ai creditori – e tra questi creditori ci sono anche alcuni uffici dello Stato italiano – “notizie” sui soldi che lo stesso Stato deve alla Regione siciliana. Ma tali uffici non hanno mai risposto. Questi uffici dello Stato non hanno mai detto, per iscritto, che non possono pagare perché non hanno soldi: cosa che non potrebbero mai dire, perché lo Stato che ha un debito con una Regione non può decidere di non onorare il debito: al massimo, serve una legge con la quale si stabilisce che il debito non c’è più. Ma questa legge non può approvarla il creditore, sennò sarebbe troppo comodo e bello. Questa legge la deve approvare il debitore. Ed è quello che sta facendo il Parlamento siciliano, stabilendo, con una legge di assestamento di Bilancio truffaldina e ‘ascara’ (una legge che può essere approvata solo da deputati ‘venduti’ agli interessi delle burocrazia miniseriali), che alcuni debiti dello Stato verso la Regione sono inesigibili.
Ma il guaio, a nostro modesto avviso, è che l’amministrazione regionale – e ci riferiamo a qualche alto dirigente regionale – lo sta facendo sulla base di dichiarazioni incomplete, perché lo Stato, come già ricordato, non ha mai messo, per iscritto, che non onorerà il debito perché non ha soldi: lo Stato si è limitato a non rispondere, come hanno giustamente fatto rilevare alcuni dirigenti corretti in un documento che è stato inviato all’assessore, Alessandro Baccei, e al dirigente generale dell’assessorato all’Economia (che in Sicilia si chiama anche Ragioniere generale della Regione), Salvatore Sammartano.
Cosa vogliamo dire con questa premessa? Che a nostro avviso, in questa brutta storia dei residui attivi dichiarati precipitosamente inesigibili qualcuno rischia di finire in galera (se vi interessa scoprire quali sono i debiti che gli uffici dell'assessorato regionale all'Economia hanno dichiarato "inesigibili" leggete qui: scoprirete che, tra i beneficiari di questi 5 miliardi di Euro che la Regione siciliana sta regalando c'è anche lo Stato: soldi che lo Stato deve alla Regione e che, con l'approvazione della Legge di assestamento di Bilancio 2015, la Regione non vedrà mai più; il tutto, è il caso di dirlo, a norma di legge).
Ma questa volta, come già ricordato, qualcuno rischia. Sempre che in Italia – e in particolare a Palermo – ci sia ancora uno Stato di diritto: cosa di cui cominciamo a dubitare, sia alla luce di questa incredibile legge regionale di assestamento di Bilancio contrassegnata da dichiarazioni incomplete, sia alla luce dei fatti e dei misfatti in materia di gestione dei beni sequestrati alla mafia, se è vero che le altrettanto incredibili denunce di Pino Maniaci, nei fatti, non hanno sortito gli effetti che tutti si attendevano. Ma questa è un’altra storia.
Torniamo alla legge di assestamento di Bilancio ‘ascara’. Lo scippo di oltre 10 miliardi di Euro ai danni della Regione si evidenza in una pagina di questa futura legge. Dove, a chiare lettere, si legge che, al 31 dicembre 2014, la Regione siciliana presenta un avanzo di amministrazione pari a circa 6 miliardi e 400 milioni di Euro. L’avanzo di amministrazione non è altro che il dato di sintesi dell’intera gestione finanziaria dell’Ente pubblico in questione, nel nostro caso della Regione siciliana. Se, considerando tutte le partite di dare e avere, scaturisce un risultato positivo si parla, per l’appunto, di avanzo di amministrazione; se il risultato è negativo, si parla invece di disavanzo di amministrazione. Questa breve digressione ci serve per illustrare ai nostri lettori che la Regione siciliana, al 31 dicembre dello scorso anno, considerati i crediti che vanta, aveva un attivo di 6 miliardi e 400 milioni di Euro.
Cosa stanno facendo Baccei, i dirigenti regionali che reggono il gioco all’assessore – a cominciare dal Ragioniere generale – e il Parlamento che approverà questa legge? Stanno cancellando dal Bilancio regionale 2015, in un solo colpo, 10 miliardi e 795 milioni di Euro di residui attivi. Con questa mossa si passa da un avanzo di amministrazione di 6 miliardi e 400 milioni di Euro circa a un disavanzo di amministrazione di 4 miliardi e mezzo. A questo disavanzo vanno sommati i soldi recuperati dai residui passivi (le somme che erano impegnate, ma non spese): circa 2 miliardi e mezzo di Euro recuperati. Che portano il disavanzo a un miliardo e 900 mila Euro.
Come potete notare, siamo passati da un avanzo a un disavanzo di amministrazione di quasi 2 miliardi di Euro. Se a tale disavanzo sommiamo la parte di fondi da accantonare (circa 540 solo per pagare i mutui), 4,4 miliardi di Euro per la parte di spesa vincolata (le spese che la Regione, almeno sulla carta, dovrebbe pagare obbligatoriamente: scriviamo “sulla carta” perché, da qualche anno, la Regione, ad esempio, non paga per intero le Aziende sanitarie provinciali e le Aziende ospedaliere) e 53 milioni di Euro circa per gli investimenti, il disavanzo 2015 vola a 6 miliardi e 900 milioni di Euro.
Come i nostri lettori possono notare – l’abbiamo scritto all’inizio e ora lo ribadiamo – non siamo davanti a una “manovrina”, ma a una “manovrona”. Se avete seguito il dibattito di questi giorni al Parlamento siciliano dedicato a tale tema (le sedute del Parlamento siciliano sono in diretta on line), vi sarete accorti che nessuno vi ha illustrato questi dati: né l’assessore Baccei, né i deputati. In pratica, stanno rubando dal Bilancio regionale 2015 circa 10 miliardi e 800 milioni di Euro circa e nessuno dice nulla.
A questo punto dobbiamo dire perché, i nostri colleghi scrivono che l’eliminazione dei residui attivi ammonta a circa 5 miliardi di Euro e non a 10 miliardi di Euro. Hanno ragione i nostri colleghi, ma abbiamo anche ragione noi. Noi, infatti, abbiamo scritto che Baccei e la sua allegra combriccola stanno eliminando 10 miliardi e 800 milioni di Euro dal Bilancio regionale 2015. Con grande astuzia, Baccei e Sammartano, dei 10 miliardi e 800 milioni di Euro che stanno facendo sparire hanno inseriti solo circa 5 miliardi di residui attivi da eliminare. Gli altri 5 miliardi e 800 milioni di Euro circa li hanno inseriti fra le entrate del 2016 e del 2017. Bisogna capirli: fare sparire 10 miliardi e 800 milioni di Euro sarebbe stato troppo pesante. Così ci dicono – con accertamenti incompleti da parte di alcuni dirigenti, come abbiamo già sottolineato – che di questi 10 miliardi e 800 milioni di Euro, solo 5 miliardi circa sono “inesigibili” e vanno eliminati. Gli altri la Regione li “recupererà” tra le entrate nel 2016 e nel 2017. Scommettiamo che, il prossimo anno, diranno che anche i 5 miliardi e 800 milioni di Euro circa sono “inesigibili” e li inseriranno tra i residui attivi da eliminare?
Quali saranno gli effetti di questa “manovrina”? Li abbiamo già sotto gli occhi in queste ore. Migliaia di studenti disabili non possono recarsi a scuola perché non ci sono i soldi per il trasporto. Se dovessero trovare il modo di arrivarci potrebbero non trovare l’insegnate di sostegno. Perché il governo Renzi – quello che “l’Italia ha svoltato” – ha scoperto che la competenza sulla scuola è della Regione (in realtà non è così per le scuole superiori) e quindi il servizio lo deve pagare la Regione: quella Regione alla quale ha tolto i soldi calpestando l’Autonomia siciliana. Renzi è così: quando gli conviene la Sicilia è “autonoma”; quando non gli conviene gli ruba i soldi.
Poi ci pensano la Regione di Crocetta e i Comuni a trovare i soldi. Come sta facendo a Palermo il sindaco Leoluca Orlando: non ha i soldi per far partire il Tram? Ecco il prelievo di 120 Euro a testa per i palermitani con le Ztl. 120 Euro che vanno a sommarsi alla TARI e alla TASI più care d’Italia, alle aliquote IRPEF e IRAP ai massimi livelli.
Fa tutto il centrosinistra: il governo nazionale di centrosinistra toglie 10 miliardi e 800 milioni di Euro dal Bilancio regionale 2015; il Parlamento siciliano – a maggioranza di centrosinistra – si appresta a votare una legge che regolarizza questo scippo; il governo di centrosinistra di Crocetta ha già regalato a Renzi, come già ricordato, 5 miliardi e 400 milioni di Euro. E il Comune di Palermo si appresta a scippare ai cittadini altri 120 Euro.
In più il PD – che è al centro di questi scippi – celebra, sempre a Palermo, la Festa dell’Unità renziana. Avendo cura, ovviamente, di far partecipare solo quelli che nascondono ai cittadini tutte le schifezze contro 5 milioni di siciliani delle quali sono responsabili deputati e dirigenti del PD siciliano in combutta con Renzi.