Sapete perché tutti i libri sono scritti così in Italia? La risposta si chiama Garamond, un carattere tipografico inventato un bel po' di tempo fa. Quella raccontata dal sito Il Post è una storia che tutti gli amanti della lettura dovrebbero conoscere… Qui di seguito vi riportiamo l'articolo in questione.
Quasi tutti i libri italiani sono in Garamond, anzi, per essere più precisi, in Simoncini Garamond, un carattere disegnato da un tipografo francese nel Cinquecento – Claude Garamond – e rimaneggiato da un tipografo bolognese nel 1958 – Francesco Simoncini. Significa che se i libri italiani fossero senza copertine, sarebbe impossibile distinguere tra i vari editori se non sulla base della gabbia (il rettangolo di testo sulla pagina) e della carta. Una serie di libri presi a caso e fatti esaminare da un esperto ha dato il seguente risultato: in caratteri Simoncini Garamond sono i libri Bompiani, Sellerio, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, Feltrinelli, Salani, Longanesi, Guanda, Saggiatore, Nottetempo e Iperborea.
Il carattere dei libri Einaudi, invece, si chiama Einaudi Garamond, perché fu commissionato da Giulio Einaudi nel 1956 a Francesco Simoncini, ma in realtà è un Simoncini Garamond con inconsueti e vezzosi accenti acuti su í e ú, anche se gravi. La narrativa italiana e straniera di Mondadori è in Palatino, che assomiglia al Garamond, alcuni lo chiamano il «Garamond tedesco», ma ha l’«occhio del carattere» – cioè il vuoto dentro le lettere – leggermente più grande, e le ascendenti e discendenti – cioè le stanghette delle b e delle p – leggermente più corte. Il Simoncini Garamond, insomma, si è imposto come standard. L’unica eccezione rilevante sembra essere Adelphi che ha scelto il Baskerville non soltanto nell’interno, ma anche sulle copertine. Il Baskerville fu disegnato nel 1757 da John Baskerville, poi stampatore della Cambridge University Press, è più moderno e più contrastato del Garamond. In Francia è stato utilizzato dalla collana Folio di Gallimard.
I caratteri sono gli atomi dell’editoria, l’elemento base della comunicazione stampata, come i mattoni per l’architettura o le note per la musica. Tutti li vedono, ma raramente qualcuno li guarda. Eppure rappresentano letteralmente il carattere di un testo e lafaccia di un libro. In inglese, infatti, «carattere» si dice «type-face», mentre il temine «font» deriva dal francese medievale «fonte», che significa «fuso», l’etimologia è quella di fonderia. Il riferimento è alla macchina a caratteri mobili inventata da Johannes Gutenberg nel 1454 (o 1455) che ricavava i caratteri, appunto, dalla fusione del metallo. La storia dell’editoria scorre parallela a quella storia della stampa. Aldo Manuzio – che è considerato il primo editore moderno e di cui quest’anno si celebranoi cinquecento anni dalla morte – non sarebbe diventato così famoso senza i caratteri disegnati per lui da Francesco Griffo, un altro tipografo bolognese, che all’inizio del Cinquecento inventò il corsivo, che in inglese si chiama italic proprio perché fu inventato in Italia.
Ai caratteri di Griffo qualche decennio più tardi si ispirò Claude Garamond, un tipografo e incisore di caratteri francese che divenne famoso nel 1541 per avere disegnato il “Grec du roi”, il carattere greco usato per i libri in greco destinati al re di Francia Francesco I di Valois. Qualche anno dopo arrivò il carattere romano da cui sarebbero derivati tutti i Garamond successivi, che sono decine (qui c’è un articolo infrancese o inglese dove trovate di tutto). Il tema dei caratteri tipografici è talmente ampio, le differenze così sottili e invisibili ai non esperti, che semplificarlo è rischioso, ma sostanzialmente si può dire l’interno dei libri italiani – e dei libri in generale – è molto molto simile a com’era cinquecento anni fa.
La prima grande divisione è tra caratteri graziati (serif in francese significa “grazia”) e bastoni (sans serif). I bastoni sono quei caratteri – come l’Helvetica, l’Arial, ilGrotesk, il Franklin Gothic, il Verdana, l’Univers e il Futura – che hanno linee diritte e dello stesso spessore, senza abbellimenti o “grazie”, appunto. Furono inventati molto più tardi dei graziati, dall’Ottocento in poi, e vengono utilizzati per le copertine dei libri, le pubblicità, i marchi e i testi su Internet, quasi mai per testi lunghi stampati su carta. Il capostipite dei bastoni è il Grotesque del 1832, ma il più famoso – quello che segnò un cambio d’epoca – è il Futura, disegnato da Paul Renner nel 1927, ispirato dal movimento architettonico Bauhaus. Negli anni 50 dalla Svizzera giunsero l’Univers (1956, Adrian Frutiger) basato sullo Standard Medium dell’Akzidenz Grotesque del 1896 e, soprattutto, l’Helvetica (1957, Max Meidinger), che per i bastoni è considerato ciò che il Garamond è per i graziati.